Gela. La vasca 4 all’isola 32 della raffineria di Eni sarebbe stata una vera e propria discarica di rifiuti altamente pericolosi, dall’amosite (un particolare tipo di amianto) ai fanghi mercuriali. E’ quanto emerge dalle testimonianze, rese in aula da militari della capitaneria di porto e tecnici che intervennero per effettuare gli accertamenti. La vasca venne poi sequestrata. “Il telo di copertura, al momento del primo controllo – ha detto un maresciallo della capitaneria di porto – era completamente strappato. L’amianto era friabile, sembrava quasi polvere, e in quella zona spirano forti venti”. A distanza di un anno dai primi accertamenti, le verifiche vennero effettuate di nuovo, ma il risultato non cambiò. “Anche in quel caso – hanno spiegato i militari – non sono state rispettate le norme di sicurezza e così abbiamo deciso di sequestrare l’area”. Davanti al giudice Miriam D’Amore, è stato sentito un ispettore del lavoro, intervenuto sui luoghi per conto di Asp. Le esposizioni maggiori, stando alle accuse mosse dai pm della procura, le avrebbe subite Vincenzo D’Agostino, per anni custode di quelle vasche. Il lavoratore è parte civile, con l’avvocato Giovanni Avila. Parti civili sono anche altri operai dell’Osservatorio nazionale amianto, con gli avvocati Davide Ancona ed Ezio Bonanni.
L’amianto in fabbrica. “I rifiuti stoccati nella vasca risalivano al periodo 1995-1996 – ha proseguito uno dei militari in aula – nel corso delle indagini abbiamo sequestrato un computer, per estrarre i file sulla gestione e lo smaltimento dell’amianto”. Ad ammettere la presenza di rifiuti pericolosi nella vasca, è stato anche un operatore della Provincia di Caltanissetta, impegnato per diverso tempo nei controlli alle falde acquifere dell’area. “La presenza di quel tipo di rifiuti e l’esposizione alla polveri – ha ammesso rispondendo alle domande del pm Pamela Cellura – non mi fa stare tranquillo. Anch’io potrei essere stato colpito”. Uno scenario emerso nel corso delle testimonianze e a rispondere alle accuse sono manager e tecnici di Eni. A processo, Bernardo Casa, Rosario Orlando, Aurelio Faraci, Biagio Genna e Arturo Anania. Nel procedimento, parti civili sono il Comune, con gli avvocati Flavio Sinatra e Raffaela Nastasi, le associazioni Aria Nuova e Amici della Terra, con i legali Joseph Donegani e Salvo Macrì, oltre al Ministero dell’ambiente, rappresentato dall’avvocato Giuseppe Laspina. Gli imputati, in aula, sono difesi dagli avvocati Gualtiero Cataldo e Carlo Autru Ryolo.