Gela. Quasi trentanove milioni di euro, solo nel 2016, finiti nelle casse dello Stato, attraverso
sistemi di gioco sempre più capillari, dalle videolottery alle new slot.
Se ne sono andati 512 euro per abitante. Tanto si è speso in città per le “macchinette”, almeno quelle legali, connesse ai sistemi dei Monopoli. Una cifra addirittura superiore ai trentadue milioni di euro delle compensazioni che Eni ha assicurato al Comune, dopo il protocollo d’intesa per la riconversione industriale del 2014. Il dato emerge dalla piattaforma “Gedi-l’Italia delle Slot”, che calcola l’afflusso di denaro legato proprio alle giocate legali. In sostanza, la media per ogni gelese è stata di 512 euro. Soldi che passano dalle tasche dei giocatori alle casse dello Stato, senza assicurare alcun tipo di vincita, anzi. Poco più di 270 apparecchi legali, tanti sono quelli censiti in città, si sono mangiati 38,69 milioni di euro.
“Sono dati reali ma parziali – dice il giornalista Andrea Turco autore del saggio-inchiesta “Fate il loro gioco-La Sicilia dell’azzardo” – per il semplice fatto che questa piattaforma si basa solo sui dati registrati dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli, in sostanza sui sistemi legali. Non vengono calcolate le cifre che invece si spendono per le giocate con sistemi non connessi ai Monopoli o per quelle sui siti internet o, ancora, per le scommesse sportive. Quindi, ritengo che il dato gelese possa essere anche molto più elevato”. Alla crisi economica si risponde con le “macchinette” e l’azzardo legale si trasforma nella strada più semplice, almeno per chi non trova altri sbocchi o non può proprio permetterseli.
“Non è affatto un luogo comune – conclude Turco – in aree di crisi economica, come Gela, i dati sul numero complessivo di giocate e sulla presenza di new slot e videolottery tende a crescere. Si cerca di reagire alla crisi e al lavoro che spesso non c’è, proprio giocando”. Un giro vorticoso di soldi che, nella gran parte dei casi, escono dalle tasche di chi fa già fatica a sbarcare il lunario, almeno in città, all’ombra del tunnel, mai così buio, della dipendenza da gioco “legale”.