Gela. Tre anni di udienze ed una sentenza che non lascia dubbi: non ci sono elementi per condannare Emanuele Scicolone, Calogero La Mantia e Vincenzo Pistritto, coinvolti nell’operazione Cayman. Con la sentenza di assoluzione di ieri cadono le accuse di associazione mafiosa (solo per Pistritto), associazione semplice, detenzione di armi ed esplosivo (mai trovato).
Il tribunale, presieduto da Lirio Conti, ha accolto le richieste dei legali difensori Flavio Sinatra, Giuseppe D’Aleo e Giacomo Ventura.
Il loro arresto, insieme ad altre cinque persone, avvenne il 29 marzo del 2009. I carabinieri dissero di aver sventato un’organizzazione criminale che progettava rapine a mano armata, che stava progettando nel Ragusano il sequestro del banchiere Giovanni Cartia, presidente della Banca Agricola Popolare di Ragusa, e di Vincenzo Cavallaro, imprenditore gelese.
Per il tribunale il fatto non sussiste. Secondo la prima ricostruzione dei fatti gli indagati avevano studiato i movimenti dell’uomo ed effettuato sopralluoghi. Il piano stava per scattare e doveva essere messo a segno ad aprile dello stesso anno. Anche il covo in cui doveva essere portato Cartia era stato preparato nei pressi di Comiso. Il banchiere era uno degli uomini più facoltosi della Sicilia.
L’inchiesta era basata molto sulle intercettazioni ambientali, cui però non è stato trovato riscontro. Il tribunale ha proposto la libertà vigilata per Pistritto e La Mantia. L’avvocato D’Aleo commenta. “Hanno distrutto l’immagine di La Mantia – ha detto dopo la sentenza – e della sua famiglia basandosi su una verità assoluta mai esistita”.
In una intercettazione Vincenzo Pistritto a bordo di un’auto discuteva le modalità operative per l’assalto ad un furgone, descrivendo nel dettaglio quali armi usare e quanto esplosivo impiegare sullo sportello del furgone e quale effetto avrebbe determinato l’esplosione, quali vie di fuga seguire dopo aver conseguito il bottino, dove nascondere i mezzi e quali le possibili e sicure vie di fuga successivamente al delitto.
La rapina non sarebbe stata compiuta per un preciso diniego della consorteria mafiosa di “Cosa Nostra” che non condivideva un’azione militare così eclatante.