Gela. Vittime di continue violenze da parte dei rispettivi partner. Adesso, due donne e altrettanti bambini sono stati trasferiti in strutture protette lontane dalla città e dalle violenze subite. Due donne trasferite in strutture protette. Sono state le assistenti sociali di Palazzo di Città ad avviare la procedura dopo le segnalazioni arrivate dagli agenti di polizia del commissariato. Le indagini scattarono già negli scorsi mesi a seguito delle denunce sporte dalle vittime. Il trasferimento in una struttura protetta è stato deciso per una donna tunisina e per i due figli. Il marito è stato appena arrestato dagli agenti di polizia del commissariato proprio a seguito delle continue violenze che sarebbero andate in scena all’interno dell’abitazione di famiglia. Vittima della furia dell’uomo sarebbe stato anche l’anziano padre della consorte. Il provvedimento per trasferire la donna e i due figli è stato firmato dalla dirigente del settore servizi sociali di Palazzo di Città Maria Morinello. L’uomo arrestato dovrebbe essere sentito dai magistrati della procura già nelle prossime ore.
Violenze sulla compagna incinta. Ma la spirale della violenza domestica non ha risparmiato neanche una giovane donna gelese. Nonostante lo stato di gravidanza, il suo compagno non le avrebbe risparmiato violenze di ogni tipo. Un caso, anche questa volta, finito all’attenzione delle assistenti sociali del municipio. Gli agenti di polizia del commissariato hanno segnalato la vicenda ed è scattata la procedura di trasferimento. La donna si trova attualmente ospite di una comunità protetta, fino a quando l’intera vicenda non verrà chiarita anche sotto il profilo delle indagini partite. Il convivente, stando a quanto trapela, non si sarebbe fermato neanche davanti allo stato di gravidanza della compagna. A farsi carico delle spese per il mantenimento delle due donne e dei bambini saranno le casse di Palazzo di Città, così come indicato dalla normativa in materia. “Speriamo almeno – spiegano dagli uffici del settore servizi sociali – che la regione garantisca una parte delle risorse finanziarie da utilizzare per casi come questi. Sono tante le situazioni gravi che dobbiamo affrontare. Molte donne denunciano. Altre, invece, scelgono ancora di rimanere nel silenzio nonostante le angherie subite. Temono soprattutto il giudizio sociale”.