Gela. Sversamenti di acido solforico tra gli impianti della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore. I controlli dopo la segnalazione. Gli accertamenti e la successiva indagine scattarono nel maggio di tre anni fa, attraverso l’intervento dei militari della capitaneria di porto e dei tecnici dell’ex provincia di Caltanissetta. A rispondere di quei fatti, davanti al giudice Marica Marino, sono l’ex amministratore delegato di raffineria Bernardo Casa, Massimo Pessina e la stessa società Raffineria di Gela. “Da quanto abbiamo potuto riscontrare – ha spiegato uno dei militari della capitaneria di porto che effettuò gli accessi e i successivi approfondimenti – i dirigenti di Eni conoscevano le anomalie, ma nella nota fattaci pervenire si indicavano solo possibili responsabilità degli operatori in servizio”. I contenuti della testimonianza, comunque, sono stati contestati dai legali di difesa, gli avvocati Alessandra Geraci, Gualtiero Cataldo e Angelo Mangione che, invece, hanno messo in discussione proprio le indicazioni fornite dal militare in aula, sottolineando l’assenza di dati precisi rispetto ai sopralluoghi effettuati nell’area dell’impianto Taf e alle analisi compiute a ridosso del biologico industriale. A rispondere alle domande dei difensori e del pubblico ministero Sonia Tramontana è stato anche uno dei tecnici dell’ex Provincia di Caltanissetta sentito in aula come testimone. Il funzionario ha ribadito che i controlli partirono subito. Al momento della segnalazione dei primi svernamenti, si trovava, insieme ad una collega, proprio all’interno della raffineria di contrada Piana del Signore. Nel procedimento, sono parti civili il Comune, con l’avvocato Ausilia Faraci, il Ministero dell’ambiente, rappresentato dal legale Giuseppe Laspina, e le associazioni Amici della Terra e Aria Nuova, con i legali Joseph Donegani e Antonino Ficarra.