Gela. Ridotta la condanna per il maresciallo dei carabinieri Giovanni Primo e assolto, invece, l’esercente Giuseppe Catania. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno notevolmente rivisto la decisione che era stata emessa dal collegio penale del tribunale di Gela, dopo l’inchiesta che coinvolse non solo Primo ma anche altri militari dell’Arma, poi tutti assolti. In secondo grado, su ricorso presentato per Primo dal legale, l’avvocato Flavio Sinatra, l’assoluzione è arrivata per accuse di falsa testimonianza, ricettazione di un’arma, rivelazione del segreto d’ufficio, peculato, occupazione abusiva di un immobile e accesso non consentito ai sistemi informatici delle forze dell’ordine. Sono rimaste in piedi, invece, le contestazioni che riguardano l’induzione alla corruzione, rispetto ai rapporti che il maresciallo intrattenne con due imprenditori locali. Sono stati dichiarati prescritti anche capi di imputazione legati sempre ad accessi abusivi ai sistemi informatici in dotazione alle forze dell’ordine. Alla fine, i giudici di appello gli hanno imposto la condanna a tre anni e nove mesi di detenzione, a fronte dei quattro anni e sei mesi, decisi invece in primo grado. Tra gli episodi per i quali è arrivata una decisione favorevole, c’è la presunta falsa testimonianza che il militare avrebbe reso per favorire Giuseppe Catania, in una causa civile avviata da un’ex dipendente. L’assoluzione, in questo caso, è stata decisa non solo per Primo ma anche per l’esercente.
I suoi legali (gli avvocati Maurizio Cannizzo e Antonio Gagliano) hanno sempre respinto l’ipotesi che potesse esserci stato un accordo per aggiustare la testimonianza, favorendo lo stesso esercente. Anche in appello, la difesa ha escluso irregolarità. La procura generale, invece, aveva chiesto la conferma delle condanne per entrambi gli imputati. A queste richieste si sono associate le parti civili. Gli avvocati Davide Limoncello, nell’interesse dell’ex dipendente di Catania, e Giuseppe Laspina, in rappresentanza del Ministero dell’interno, hanno ribadito la fondatezza di tutti gli elementi di accusa che hanno portato alle condanne di primo grado. La decisione di appello ha però rideterminato la sentenza del tribunale gelese.