Novara. E’ accusato di essere il mandante dell’omicidio del trentatreenne Matteo Mendola, gelese da anni residente a Busto Arsizio insieme alla famiglia. Per l’imprenditore edile Giuseppe Cauchi però i giudici della Corte di Cassazione hanno confermato la scarcerazione. Non è più detenuto dopo che lo scorso ottobre i giudici del tribunale del riesame di Torino hanno accolto il ricorso presentato dai difensori, gli avvocati Flavio Sinatra e Cosimo Palumbo. La misura nei suoi confronti è stata revocata. I pm della procura di Novara, però, si sono rivolti ai giudici romani per ottenere una decisione che potesse ripristinare la detenzione in carcere. I difensori si sono opposti, ritenendo fondata la decisione del riesame. I giudici romani di Cassazione non hanno accolto il ricorso della procura (ritenendolo inammissibile) e Cauchi continuerà a seguire il processo a suo carico senza la misura della custodia in carcere.
E’ attualmente a giudizio davanti alla Corte d’assise di Novara. L’uomo, a sua volta gelese, avrebbe incaricato due sicari, Antonio Lembo e Angelo Mancino (già condannati a trent’anni di reclusione ciascuno dal gup novarese). Mendola sarebbe stato attirato in una trappola e ucciso tra i boschi di Pombia, nel novarese. Venne raggiunto da colpi di pistola e finito con un corpo contundente, una batteria per automobile. Sarebbe stato vittima di un probabile regolamento di conti. Gli investigatori ritengono che i contrasti tra i due gelesi sarebbero maturati negli ambienti criminali della provincia di Varese, dove risiede una folta comunità originaria proprio di Gela.