Gela. Lavoratori maltrattati, spesso retribuiti in nero e con un monte orario superiore a quello stabilito, ma anche fatturazioni sospette e presunte irregolarità nel sistema di fornitura di alimenti e vestiario. Le strutture gestite dalle società dell’imprenditore sessantaduenne Pietro Biondi, al centro delle due indagini “Blonds” e “Balla coi lupi”, sarebbero state una sorta di “limbo”, soprattutto per i migranti ospitati nell’ex albergo “Villa Daniela” a Manfria. “Ho anche visto i vermi della carne nei piatti”. A parlare con gli investigatori sono stati diversi dipendenti delle strutture portate avanti da Biondi e da quella che viene considerata la sua vera referente, in città e in altri comuni dove sono presenti le strutture, ovvero la quarantaduenne Gemma Iapichello. Il centro per i richiedenti protezione internazionale di Manfria sarebbe stato gestito in “maniera vergognosa”. Così ha detto uno degli operatori sentito durante le indagini, condotte in città dai pm della procura e dai poliziotti del commissariato. Nelle carte dell’inchiesta, emergono anche particolari legati alla gestione ordinaria del centro. Per trasportare i pasti sarebbe stato usato lo stesso mezzo con il quale venivano accompagnati gli ospiti, violando le norme in materia. “Infami”, così durante alcuni colloqui intercettati, una collaboratrice della Iapichello definiva gli operatori che erano stati sentiti dagli investigatori. C’era infatti il timore che avessero rivelato aspetti non solo dei loro rapporti con la proprietà ma anche delle condizioni di vita nei centri. Gli investigatori hanno approfondito quanto accadeva a Villa Daniela e le modalità usate per portare avanti centri per minori e anziani, sparsi in diverse aree del circondario e non solo. Gemma Iapichello, a sua volta destinataria di un provvedimento di custodia cautelare in carcere (difesa dall’avvocato Flavio Sinatra è stata sentita dal gip negli scorsi giorni e ha respinto le accuse), ad un certo punto si sarebbe accorta di essere finita sotto osservazione. Le forze dell’ordine ne studiavano le mosse.
Proprio in quei frangenti, avrebbe tentato di far sparire somme di denaro, nascoste in casa, e documenti contabili. Sapendo di essere seguita dagli “sbirri”, avrebbe più volte chiesto ad una sua collaboratrice di distruggere documenti. In un’occasione, addirittura, una donna di sua fiducia avrebbe ingoiato un biglietto che riportava dati e cifre. Per gli inquirenti la gestione di Villa Daniela e di altre strutture sarebbe stata finalizzata a lucrare e a favorire guadagni personali, anche per l’acquisto di auto. I lavoratori hanno raccontato di diverse anomalie nella fatturazione anche per l’acquisto di derrate alimentari, con quantitativi inferiori a quanto indicato nelle bolle. La merce arrivava anche se “rubata”, come sarebbe accaduto per ortaggi che venivano poi usati nelle cucine. Una “filiera” diffusa anche nelle strutture per anziani e negli asili, sempre riferibili al gruppo Biondi. Molti dipendenti non hanno nascosto presunte minacce che sarebbero arrivate proprio da Gemma Iapichello. Se non convinta del loro operato, gli avrebbe intimato il licenziamento. Accuse pesanti quelle contestate dai pm della procura di Catania e da quelli della procura di Gela, che hanno coordinato le due indagini parallele.
Ha ragione Salvini di chiudere tutto