Gela. Cosa c’è dietro all’esecuzione del tassista cinquantaseienne Domenico Sequino?
I giri davanti alla chiesa Madre. Gli investigatori, ad oltre ventiquattr’ore dalla spedizione di morte messa in atto nel cuore del centro storico, cercano di fare luce sulle cause che avrebbero armato la mano dei killer ma, soprattutto, sui volti di chi ha sparato cinque volte colpendolo ripetutamente. Alcuni testimoni oculari parlano sempre più spesso di due giovani in sella ad un motorino, con tanto di caschi integrali, che avrebbero fatto diversi giri intorno al sagrato della chiesa Madre prima di entrare in azione. Allo stato attuale, la pista meno attendibile appare quella mafiosa. I precedenti penali di Sequino e la condanna patteggia nell’ambito del giudizio successivo al blitz “Tagli Pregiati” non sembrano avere centralità nello schema degli inquirenti.
Interrogato l’amico che si trovava insieme al tassita. Di certo, da ore, nella caserma dei carabinieri di via Venezia si sussegue un via vai di familiari, conoscenti e semplici passanti che si trovavano nella zona della chiesa Madre al momento dell’agguato. A rispondere alle domande dei carabinieri è stato soprattutto uno degli amici più vicini a Sequino che, ieri sera, si trovava insieme a lui al momento degli spari. Non viene trascurato neanche un minimo particolare. I familiari hanno già provveduto a nominare un legale, l’avvocato Salvo Macrì. Addosso al tassista sono stati trovati circa 35 euro e un mazzo di carte. I carabinieri hanno sequestrato il telefono cellulare dell’uomo, iniziando a convocare in caserma tutti i conoscenti contattati dalla vittima nelle ore precedenti all’agguato.
Il numero di telefono di Pino Federico tra quelli contattati. In caserma, ieri sera, è arrivato anche il deputato regionale Pino Federico. Il suo numero di telefono era tra quelli contattati da Sequino prima di finire cadavere. Un atto dovuto proprio nel tentativo di acquisire maggiori elementi utili all’indagine. In verità, il deputato regionale di Forza Italia altro non è che il medico che ha in cura la figlia della vittima. Sequino lo chiamò per fissare una visita odontoiatrica, aspetti che sarebbero marginali rispetto alla vicenda che Federico ha chiarito agli inquirenti. Non si trascurano, ovviamente, neanche le immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza della zona. I carabinieri avrebbero analizzato anche quelle riprese in alcune zone della città che, nelle ore precedenti all’agguato, sarebbero state teatro di furti di motorini. Non si esclude che il mezzo utilizzato per colpire sia stato, appunto, rubato nelle ore precedenti all’agguato mortale. A colpire, comunque, è stata la modalità dell’azione: cinque colpi di pistola mentre Domenico Sequino voltava le spalle ai suoi killer. Pochi istanti, nel cuore del centro storico, davanti a centinaia di presenti: quasi a voler lanciare un messaggio a tutti.