Gela. La danza in lutto, soffocata dall’emergenza sanitaria e dalle restrizioni imposte da governo e Regione. Anche in città, scuole, insegnanti, personale e allievi si stanno confrontando con lo stop totale. Le scuole di danza sono ferme e tutto il settore rischia un terribile tracollo. Oggi pomeriggio, i titolari di una ventina di scuole locali si sono dati appuntamento davanti alla “casa” per eccellenza della cultura, il teatro “Eschilo”, chiuso causa emergenza Covid. Con le scarpette intorno al collo e non calzate ai piedi come avviene invece quando si calcano i palcoscenici, gli insegnanti in lutto hanno voluto ribadire che “vivono di danza”, che non è solo l’arte forgiata nel corso degli anni ma anche una fonte di sostentamento. Chiedono di poter ripartire e garantiscono che in realtà le misure anti-contagio le hanno sempre rispettate, adeguando le strutture ai protocolli imposti dall’emergenza.
Invece, si trovano davanti a prospettive incerte, con un futuro che rischia di essere veramente nero, come il drappo listato a lutto che l’emergenza ha imposto ad un intero settore e alla cultura.
Il lockdown generale è già stato deciso da tempo. Tutte le oscillazioni di queste settimane sono soltanto gioco del poliziotto buono e cattivo, tattica per imporre la decisione gradualmente, testando volta a volta le reazioni. Il progetto è chiaro. Non ha niente a che vedere con la situazione sanitaria, che è sotto controllo (salvo le solite inefficienze di certe regioni) e che vede una pressione sugli ospedali inferiore a quella che si verifica abitualmente ogni anno per le epidemie stagionali di influenza. Morti e terapie intensive sono evidentemente in gran parte anziani ammalati di altro, spesso già ricoverati – i dati emergono su scala locale anche se il governo si guarda bene dal chiarirlo a livello nazionale.
Se si volesse affrontare seriamente la protezione delle fasce di cittadini a rischio (chiarissimamente individuabili per via statistica) basterebbe monitorare gli anziani con patologie specifiche attraverso medicina di base e Usca, somministrare loro terapie ormai note ai primi sospetti di virus, fornire servizi per evitare loro il più possibile di uscire di casa, e raccomandare ai loro familiari di adottare con loro il più rigoroso distanziamento.
Ma chiaramente di questo a chi governa non importa nulla. Il progetto già pianificato dalla primavera è un altro, e tutto politico: un esperimento di ri-disciplinamento autoritario delle società funzionale ad un modello economico ben preciso.
È un progetto non solo italiano ma europeo, che parte dall’asse franco-tedesco e da Bruxelles, e di cui il governo italiano è solo uno tra gli esecutori. Non bisogna essere complottisti per individuarlo: esso è già palese nella torsione paternalista, eticizzante delle istituzioni Ue di cui Ursula von der Leyen è la garante.
L’obiettivo di queste classi politiche è enfatizzare a dismisura il virus per distruggere quel che resta della piccola e media impresa, del terziario autonomo, degli spazi di formazione, socialità e cultura “fisici”, e sostituirli con consumi, intrattenimento, didattica, socialità integralmente digitalizzati, completamente inglobati dalle grandi corporations hi tech globali.
La narrazione terroristica del Covid e i lockdown sono lo strumento per rimpiazzare del tutto la socializzazione con i social, le comunità di scuola e università con la didattica su piattaforma, l’amore e il sesso con il dating virtuale, i ristoranti e i bar con il food delivery, i cinema e i teatri con Netflix, lo shopping con Amazon, i concerti con le dirette a distanza, lo sport con il “workout” casalingo gestito da app, il lavoro con sussidi statali di semi-indigenza, il culto religioso comunitario con una spiritualità solitaria senza nessun rilievo sociale.
E, soprattutto, per eliminare ogni forma di associazione culturale, circolo, movimento civico e politico libero, non controllabile, trasformando la società civile in una pluralità di individui isolati che si limitano ad essere followers dei leader politici, in un quotidiano reality show, “profilati” e sottoposti al continuo martellamento delle news unanimi di regime selezionate per loro dai social media depurandole di quelle che loro chiamano fake news, cioè di ogni fonte che non sia approvata dal complesso politico-mediatico mainstream.
L’accelerazione di questa trasformazione permetterebbe, per le élites europee, la saldatura tra il mega-tecno-capitalismo d’oltreoceano, lo statalismo burocratico Ue a economia sussidiata e il modello di mercato autoritario cinese. L’unico ostacolo che può ancora frapporsi tra il progetto e la sua attuazione è la reazione, la resistenza, la mobilitazione delle società civili europee, dei ceti e delle fasce sociali che si è deciso di sacrificare. Dalla loro capacità di ribellione, dalla loro capacità di coordinarsi, dando vita a un blocco sociale e politico coerente in sostituzione di una rappresentanza politica ormai inesistente, dipende se l’esperimento tecno-autoritario riuscirà o sarà dichiarato fallito, o quanto meno dilazionato.
– Eugenio Capozzi