Gela. E’ stato rinviato a giudizio e dovrà rispondere di violenza sessuale e lesioni gravi. Il medico cinquantatreenne Paolo Lizzadro, già in servizio al pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele, si presenterà davanti al collegio di giudici che ne dovrà valutare le presunte responsabilità.
Lizzadro venne arrestato lo scorso maggio al suo rientro dalla Colombia. Furono gli agenti della polizia di frontiera, su richiesta dei colleghi del commissariato di via Zucchetto e dei magistrati della locale procura, a bloccarlo. Stando all’accusa, avrebbe violentato in almeno due occasioni e picchiato una dipendente del nosocomio di via Palazzi, con la quale in passato aveva avviato una relazione sentimentale.
A decidere il rinvio a giudizio del medico è stato il giudice Alberto Leone: il magistrato, così, ha rigettato la richiesta di giudizio abbreviato formulata dalla difesa dell’indagato, opzione che gli avrebbe garantito uno sconto di pena in caso di condanna.
La richiesta di giudizio abbreviato è stata contestata anche dal pubblico ministero Elisa Calanducci e dall’avvocato Fabrizio Ferrara che rappresenta la presunta vittima delle violenze. Intanto, sia la donna che le due figlie si sono costituite parti civili: lo hanno fatto con gli avvocati Fabrizio Ferrara e Maria Del Monaco.
Paolo Lizzadro, attualmente detenuto, ha prestato servizio per diversi anni al pronto soccorso del Vittorio Emanuele per poi essere trasferito al San Giovanni Di Dio di Agrigento. Le accuse contestate nei suoi confronti si legano al tentativo dell’uomo di riprendere la relazione con la presunta vittima. Non a caso, alcuni mesi prima dell’arresto, si recò nell’abitazione della donna.
Li’, stando dall’accusa, si sarebbero verificate alcune delle violenze. Fu la presunta vittima a sporgere denuncia e a far avviare le indagini nei confronti del medico. A marzo, Lizzadro si sarebbe assentato dal posto di lavoro per diversi giorni, chiedendo un successivo prolungamento. Ufficialmente, si sarebbe trattato di un periodo di malattia. Gli agenti di polizia e i magistrati della procura, però, hanno accertato che il medico si sarebbe recato in Colombia: nel tentativo, forse, di sottrarsi alle verifiche e alle indagini. Venne bloccato al suo rientro in Italia all’aeroporto romano di Fiumicino.
Alla base delle accuse mossegli, ci sono le dichiarazioni della presunta vittima raccolte dagli investigatori e il contenuto delle perizie mediche che accerterebbero il legame tra la condotta del medico e i traumi, fisici e psichici, riportati dalla dipendente del Vittorio Emanuele.