PALERMO (ITALPRESS) – Il silenzio assordante, i nomi delle vittime delle stragi del 1992 scanditi uno a uno, il grido ‘Fuori la mafia dallo Statò, il suono della tromba: via D’Amelio si ferma, come avviene ogni 19 luglio alle 16:58, per ricordare con commozione Paolo Borsellino nel luogo in cui 32 anni fa è stato assassinato da Cosa nostra insieme agli agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli. Ad assistere, ai piedi del palco posizionato di fronte al luogo della strage, c’è una folla commossa che ascolta tra silenzio e applausi gli interventi di chi a quel 19 luglio è sopravvissuto, come l’autista del giudice Antonio Vullo, di chi quel giorno ha perso un parente, ma soprattutto di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato, che dopo il momento commemorativo legge la poesia “Giudice Paolo”, scritta da Marilena Monti in onore di suo fratello.“32 anni iniziano a pesare – sottolinea Vullo, – Sono stanco di vedere ogni anno passerelle e polemiche. Se fosse stata solo la mafia a uccidere Borsellino avremmo avuto la verità già da decenn, ma ancora aspettiamo di conoscere la verità”. Alla cerimonia ha preso parte anche Giovanni Paparcuri, sopravvissuto all’attentato in cui il 29 luglio 1983 perse la vita il capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo Rocco Chinnici: Paparcuri era il suo autista e in seguito fu molto legato a Borsellino e Giovanni Falcone. “Dopo 32 anni non so ancora perchè i miei amici sono morti e quando vengo qui vedo sempre meno persone – afferma -. Borsellino aspetta ancora di avere giustizia, i politici lo chiamano martire e poi tolgono l’abuso d’ufficio oppure limitano le intercettazioni telefoniche: oggi sono 32, domani 33 è così via, ma io non penso riuscirò mai a vedere giustizia. Borsellino si arrabbierebbe se vedesse oggi quante vie e murales sono dedicati a lui, perchè lui vorrebbe dedicata solo la verità”.
– Foto xd8/Italpress –
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