Brescia. Il sistema delle compensazioni illecite per coprire debiti erariali sarebbe stato il cavallo di battaglia, anche al nord, dell’imprenditore trentatreenne Rosario Marchese e dei suoi riferimenti, tutti coinvolti nell’inchiesta “Leonessa”. Per i pm della procura di Brescia, però, Marchese sarebbe diretto referente degli stiddari ed è coinvolto anche nell’indagine gemella “Stella cadente”, condotta dai magistrati della Dda nissena. Sabato, assistito dall’avvocato Domenico Servillo, davanti al gip, in carcere, si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha voluto negare qualsiasi appartenenza alla criminalità organizzata rilasciando dichiarazioni spontanee. “Il mio assistito si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha solo negato con forza l’accusa di mafia”, ha spiegato il legale del trentatreenne, che negli ultimi mesi è stato coinvolto in un’altra inchiesta su una serie di reati finanziari, dopo aver subito un sequestro da circa sedici milioni di euro. I magistrati lombardi, nel corso dell’inchiesta, hanno ricostruito un sistema molto complesso, alimentato non solo dai presunti stiddari che procacciavano società in difficoltà da usare come schermi finanziari, ma anche dalla presunta complicità di alti funzionari. In manette, tra gli altri, sono finiti il direttore dell’Agenzia delle entrate di Brescia, Generoso Biondi, e il maresciallo della guardia di finanza Francesco Liguoro.
Sarebbero emersi diversi episodi di corruzione, con Biondi che avrebbe accettato una mazzetta da oltre sessanta mila euro, elargita da un imprenditore. Il direttore ha però negato le contestazioni. Prime rivelazioni, invece, sarebbero arrivate dal finanziere. Gli interrogatori degli indagati nelle due maxi inchieste proseguiranno anche nei prossimi giorni.