Gela. Un video artefatto che sarebbe potuto costare molto caro ai carabinieri Vincenzo Giuca, Stefano Di Simone, Giovanni Rizzo e Francesco Mangialardo, ripresi nelle immagini che, falsamente, li ritraevano nel tentativo di dare fuoco ad un’automobile parcheggiata in via Po, nella zona del quartiere Carrubbazza.
Per quei fatti sono finiti sotto processo sia il boss Giuseppe Alferi che il suo fedelissimo Francesco Giovane, difesi dall’avvocato Maurizio Scicolone e accusati di calunnia. Nel corso dell’ultima udienza svoltasi davanti al giudice Domenico Stilo, non sono mancati i botta e risposta tra il pubblico ministero Elisa Calanducci e il difensore di quattro ex colleghi dei carabinieri.
Nicolò Bulone, Claudio Gabrovic, Nunzio Arancio e Rocco Tremoliti hanno scelto, nonostante le accuse nei loro confronti siano oramai decadute, di farsi ugualmente assistere dagli avvocati Flavio Sinatra e Raffaella Nastasi durante le loro deposizioni. Non a caso, l’avvocato Nastasi ha più volte chiesto al giudice Domenico Stilo di indicare ai suoi assistiti la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti a domande relative ai capi d’imputazione per i quali, in passato, erano già finiti sotto giudizio.
In base alle accuse mosse dai magistrati della procura, prive di un successivo esito, sarebbero stati loro a cercare di falsificare il video con l’obiettivo di far ricadere la colpa dell’incendio di via Po sui colleghi Giuca, Di Simone, Rizzo e Mangialardo.
“Ricordo che il cd contenente il video – ha detto il carabiniere Bulone – venne consegnato al collega Arancio dal titolare di un supermercato al quale, a sua volta, l’avrebbe fatto avere lo stesso Giuseppe Alferi. Analizzai le immagini insieme ai colleghi e mi accorsi che il contenuto era stato ritoccato. C’erano troppe incongruenze e mancava qualsiasi riferimento alla data. Vennero fatte delle copie. Comunque, come stabilito da un perito nominato dai magistrati della procura nel corso dell’indagine a nostro carico, il file sarebbe stato generato alcune settimane prima della consegna”.
Il pm Elisa Calanducci, inoltre, ha chiesto dei presunti rapporti tra il carabiniere e Giuseppe Alferi. “L’ho conosciuto – ha proseguito Bulone – perché lo arrestati due volte in pochi anni. Non ebbi nessun altro contatto”. L’altro carabiniere Vincenzo Arancio ha confermato di aver ricevuto il cd dal titolare del supermercato.
“Me lo consegnò – ha ammesso – dicendomi che era stato Alferi a recapitarglielo. Lo vidi insieme ai colleghi e, ricordo, le immagini non riportavano alcuna data. Feci delle copie e restituii l’originale al titolare del supermercato. Temeva, dato il recente arresto di Alferi, di essere in pericolo. Il contenuto del cd non venne mai modificato”.
Una versione, quella fornita dai due testi, ribadita anche da Gabrovic e Tremoliti. Il giudice Stilo, a conclusione del loro esame, ha deciso il rinvio all’udienza del prossimo 20 marzo: la discussione finale delle parti, invece, dovrebbe andare in scena il 10 aprile. I quattro carabinieri finiti nelle immagini artefatte del video si sono costituiti parte civile con l’avvocato Gaetano Cantaro.
Nella notte del novembre di cinque anni fa finita al centro dell’intera indagine si sarebbero trovati in via Po solo per effettuare alcune attività d’indagine sull’auto di un sospettato, successivamente distrutta dalle fiamme.