Un tetto precario per ripararsi dalla pioggia, due eremiti accusati di abusivismo: arriva l’assoluzione

 
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Gela. Per oltre un anno vissero nelle campagne tra Gela e Butera. Eremiti per stare con Dio.

“Non sapevamo delle autorizzazioni”. Sono finiti a processo, però, con l’accusa di abusivismo edilizio. Adesso, è arrivata l’assoluzione per due giovanissimi frati. Erano accusati di aver realizzato un rudimentale tetto su un caseggiato abbandonato da anni. La denuncia venne sporta dagli esponenti di alcune associazioni ambientaliste. La zona, infatti, ricadeva in area protetta. La decisione di realizzare il tetto, come ribadito dai due frati in aula, arrivò nel tentativo di trovare un riparo nei casi di pioggia. “Furono i proprietari a metterci a disposizione il materiale per il tetto – hanno spiegato davanti al giudice – abbiamo ripulito il rudere per creare una piccola cappella e destinarla a Dio”. Per mesi, i giovani eremiti vissero all’interno delle tante grotte presenti in zona. “Non sapevamo di dover chiedere autorizzazioni”, hanno ribadito. Davanti alle contestazioni e nonostante le ammissioni arrivate dagli imputati, il pubblico ministero Sonia Tramontana ha dovuto comunque chiedere la condanna ad otto mesi ciascuno di reclusione. Del tutto opposta, la disamina condotta dal loro legale di fiducia, l’avvocato Rocco Guarnaccia. “Siamo davanti ad un fatto di lieve entità – ha spiegato – i due frati scelsero di vivere da eremiti e non sapevano certamente di commettere un reato nel cercare un riparo contro le intemperie”. Il giudice Guzzetta ha accolto la ricostruzione, decidendo l’assoluzione degli imputati.   

 

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