Gela. Non ci furono danni né un vero e proprio incendio, ma solo un principio di fiamme, subito bloccato dalle squadre interne della raffineria Eni. Sono queste le conclusioni che hanno portato all’assoluzione di Giuseppe Migliore, Rto in servizio quando il principio di incendio venne segnalato lungo la radice pontile dello stabilimento. In quel periodo, erano in corso lavori sulla linea P2. Alcuni operai erano impegnati nel cantiere, in un’area che solo poche settimane dopo si trasformò in teatro di morte per il trentenne Francesco Romano. Il pm Pamela Cellura, valutando le conclusioni fornite anche dai periti sentiti in aula, ha chiesto l’assoluzione per l’imputato. Non ha riscontrato elementi per contestare eventuali responsabilità al dipendente Eni. Conclusioni analoghe sono giunte dalla difesa, con l’avvocato Carlo Autru Ryolo.
L’indagine partì dopo le verifiche effettuate dai militari della capitaneria di porto, che cercarono di verificare l’adeguatezza dell’area di cantiere. Al termine dell’istruttoria dibattimentale, però, il giudice Miriam D’Amore ha emesso un verdetto di assoluzione.