Agrigento. In quella discarica, che almeno sulla carta non avrebbe dovuto ricevere rifiuti pericolosi, secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo arrivavano invece i resti dei cicli di produzione industriale e le terre di bonifica, potenzialmente contaminate. Nel sito di conferimento di Camastra, in provincia di Agrigento, stando a quanto accertato dai carabinieri del Noe di Palermo e dai finanzieri agrigentini, sarebbero stati smaltiti anche rifiuti pericolosi provenienti dalla fabbrica Eni di contrada Piana del Signore e da alcune aziende impegnate nel settore del trattamento fanghi. Sono attualmente sei gli indagati, tutti soci dell’azienda titolare della discarica e di uno dei laboratori d’analisi al centro dell’inchiesta. Le accuse vengono mosse pure alla loro società. Da quanto emerso, non si esclude un vasto traffico illecito di rifiuti pericolosi, che arrivava fuori dai confini isolani.
I carichi sospetti. Solo nell’agosto di tre anni fa, come documentato dagli investigatori, attraverso mediatori, in discarica sarebbero arrivate ben oltre tremila tonnellate di terre di bonifica, tutte legate alla raffineria di contrada Piana del Signore. In base alle accuse, il conferimento era reso possibile da analisi chimiche di “comodo”, che avrebbero fatto passare come non pericolosi quei rifiuti. In questo modo, avrebbero guadagnato sia i titolari del sito che gli eventuali “clienti”, consapevoli o meno, oltre ovviamente ai mediatori che si sarebbero occupati di organizzare i viaggi verso Camastra. Negli scorsi giorni, è stato autorizzato il sequestro preventivo di tutti i beni riconducibili alla società che gestisce il sito di Camastra. Una parte dell’inchiesta coordinata dai pm palermitani è proprio dedicata ai carichi che arrivavano dall’area industriale di Gela.