Un luogo che non smette di stupire: il Biviere di Gela, tra miti e misteri nascosti da secoli
Il Biviere di Gela custodisce antiche leggende: Solino parlò di sorgenti che rendevano sterile o fertile, testimone di miti millenari.

Nel cuore della Piana di Gela, a circa 1,5 km dal mare, si estende il suggestivo Biviere di Gela, riconosciuto come la più ampia zona umida costiera della Sicilia. Questo lago relitto trae origine già nel Pleistocene, quando eventi climatici e movimenti tettonici diedero vita a depressioni naturali che si riempirono d’acqua, creando una laguna salmastra in comunicazione con il mar Tirreno. Nel Seicento, un’opera d’ingegneria idraulica costruita per conto del Duca Giovanni d’Aragona trasformò l’ambiente: venne scavato un canale di collegamento con il fiume Dirillo, che portò acqua dolce a modificare la naturale salinità del Biviere. Questo intervento ha reso l’area un habitat unico, dove fauna selvatica, flora autoctona e acqua dolce convivevano in un equilibrio raro in Sicilia.
Plinio il Vecchio
Nel I secolo d.C., lo storico Plinio il Vecchio descrisse il Biviere come uno specchio salino capace di riflettere il cielo con chiarezza cristallina. Lo riportano gli scritti naturalistici che ne loderono l’unicità paesaggistica. Ma è nel III secolo d.C. che la leggenda avvolge il lago: lo scrittore Caius Iulius Solino narrò la presenza di due sorgenti miracolose nei pressi dell’acqua: una atribuiva sterilità a chi la toccava o la beveva, mentre l’altra proteggeva o addirittura favoriva la fertilità femminile. Un mito che testimonia come la comunità antica interpretasse l’ambiente come luogo sacro, dove natura e credenze popolari si fondevano in un racconto suggestivo (ORBS Regione Siciliana – Biviere di Gela).
Dal 1997, il Biviere di Gela è ufficialmente riconosciuto come zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar, denominata "Wetland of International Importance", grazie al suo peculiare mix di acqua dolce, salmastra e ambiente costiero. Contemporaneamente, dal 1991 è affidato alla LIPU, che vi ha realizzato infrastrutture di monitoraggio e gestione, censendo oltre 200 specie di uccelli: tra le più rilevanti, l’airone cenerino, il fenicottero rosa in sosta migratoria, il rapace Tarabuso, e anche specie nidificanti come folaga, tarabusino e anatidi vari (Ramsar Sites Information Service – Biviere di Gela; LIPU – Biviere di Gela). La riserva si contraddistingue non solo per la fauna aviaria ma anche per la flora: sono presenti orchidee spontanee, erbe aromatiche come timo e rosmarino, fiordalisi costieri, e l’endemica Leopoldia gussonei, una bulbacea rara e tipica dell’area.
All’interno della riserva, il Casale Pignatelli, risalente al XVII secolo, è stato adattato a centro visite, dotato di pannelli esplicativi, kit didattici e un percorso interattivo pensato per tutte le età. Qui si svolgono programmi educativi per scuole, laboratori di birdwatching, escursioni guidate e visite notturne per osservare la vita degli anfibi e dei rettili, oltre a eventi annuali come l’EuroBirdWatch e i “Cicogna Days”, momenti di incontro tra scienza, educazione ambientale e cittadinanza.
Curiosità: le sorgenti di Solino
Già nel III secolo d.C., Caius Iulius Solino documentò con precisione la presenza di due sorgenti nel Biviere – una attribuita a causare sterilità, l’altra a donare fertilità femminile. Si tratta dell’unica testimonianza antica che collega magie e natura nel territorio di Gela, tramandata fino al presente. Oggi, pur considerate leggende senza fondamento scientifico, queste sorgenti sono patrimonio culturale immateriale, raccontato nei cammini didattici della riserva e analizzato da storici del mito che ne riconoscono il significato simbolico e antropologico.