Un funzionario di banca vittima d’usura denunciò: accuse ad un ex collega, sì alla perizia sulle intercettazioni

 
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Gela. Una perizia su alcune intercettazioni utilizzate nel corso dell’indagine.

La denuncia della vittima. L’ha disposta il collegio penale del tribunale davanti al quale si sta celebrando il processo a carico di Gaetano Di Mattia, un funzionario di banca accusato di concorso in usura. L’inchiesta principale riguardò il fratello Roberto, condannato in primo grado nel maggio di un anno fa a quattro anni di reclusione. In base alla ricostruzione fornita dagli investigatori, lo stesso Roberto Di Mattia avrebbe prestato soldi a strozzo ad un altro funzionario di banca locale, in difficoltà economiche a causa di debiti personali non onorati. Non avrebbe esitato, inoltre, a minacciarlo e aggredirlo nella sua abitazione pur di ottenere il pagamento degli interessi. Nel corso dell’inchiesta, però, sarebbe emerso anche il ruolo dell’attuale imputato, collega della vittima d’usura. Proprio il funzionario di banca finito al centro dei prestiti a strozzo decise, alla fine, di denunciare tutto e di costituirsi parte civile con l’avvocato Giacomo Ventura. L’uomo è successivamente deceduto. La difesa dell’imputato ha invece sottolineato come la perizia sulle intercettazioni e l’acquisizione delle bobine entrerebbero in contrasto con il successivo esame in aula degli investigatori che si occuparono di seguire l’inchiesta partita proprio a carico di Roberto Di Mattia. Il giudice Manuela Matta, affiancata dalle colleghe Ersilia Guzzetta e Silvia Passanisi, ha comunque accolto la richiesta del pm Lara Seccacini di procedere alla perizia sulle intercettazioni. L’incaico al tecnico verrà conferito all’udienza del prossimo 12 novembre. Nel corso del dibattimento, inoltre, è stato sentito l’allora dirigente di polizia del commissariato Giuseppe Pontecorvo che ha ripercorso alcune fasi dell’inchiesta, partendo proprio dalla denuncia sporta dal funzionario di banca vittima d’usura, collega dello stesso Gaetano Di Mattia.

L’attività sindacale. Uno dei dirigenti della squadra mobile di Catania, invece, ha descritto i contenuti di una perquisizione effettuata all’interno di un appartamento del capoluogo etneo a disposizione della famiglia dell’imputato. “Nell’abitazione – ha detto – vennero sequestrati documenti di Roberto Di Mattia che aveva la disponibilità di una camera. All’interno della Mercedes di Gaetano Di Mattia, invece, trovammo polizze al portatore a lui intestate e altra documentazione bancaria. Nell’abitacolo, c’erano documenti riferibili al funzionario di banca che denunciò”. La linea della difesa è stata ribadita in aula proprio dall’avvocato Enia. Non a caso, il legale ha chiesto ai testimoni sentiti se la documentazione ritrovata, sia nell’automobile dell’imputato che nel suo ufficio, potesse essere riconducibile all’attività sindacale svolta all’interno dell’istituto di credito nel quale operava insieme alla vittima. Fin dalla fase d’indagine, la difesa ha proprio fatto leva sul ruolo da sindacalista ricoperto dall’imputato che lo avrebbe portato a seguire le vicende del collega, escludendo qualsiasi suo coinvolgimento nei prestiti a strozzo. 

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