Un destino che nessuno ha previsto | La fine di un drammaturgo poco conosciuto a Gela
Eschilo trascorse gli ultimi anni a Gela e vi morì nel 456 a.C.: un addio mitico e poco conosciuto nella storia della tragedia greca.

Nel V secolo a.C., Gela divenne qualcosa di più di una fiorente colonia greca: fu l’ultima dimora del grande drammaturgo Eschilo, noto come il "padre della tragedia". Dopo una carriera lunga e gloriosa, tra guerra e teatro, Eschilo decise di trasferirsi a Gela dove compose opere decise a celebrare nuovi padroni ed eventi epocali. Qui, in un tragico epilogo degno di una sua tragedia, trovò anche la morte, divenendo parte integrante della storia e della mitologia della città.
Il legame con Gela: esilio, celebrazioni e morte
Nel 459 a.C., Educa dalla vittoria alle Grandi Dionisie con l’Orestea, Eschilo lasciò Atene – forse per evitare carestie politiche o per invito del tiranno Gerone di Siracusa – e arriva a Gela, che in quegli anni rappresentava un baluardo culturale tra le città siceliote.
A Gela, non solo compose la tragedia "Etnee", dedicata a Gerone e alla fondazione di Etna (oggi Catania), ma fu anche onorato come un eroe. Alla sua morte, avvenuta nel 456/455 a.C., il popolo geloa gli tributò un funerale pubblico sontuoso, seppellendolo nel cimitero della città e dedicandogli persino un culto eroico.
Le fonti antiche narrano che morì per una curiosa coincidenza: un’aquila, scambiando la sua testa calva per una pietra, lasciò cadere una tartaruga, uccidendolo. Sarà leggenda, ma il dettaglio resta affascinante, legando la sua fine alla natura selvaggia di Gela.
Curiosità: il culto di Eschilo tra mito e memoria
Ancora oggi, a Gela, il nome di Eschilo riecheggia nei toponimi: il liceo classico cittadino a lui dedicato e lo stesso nome dell’istituto universitario ne conservano il ricordo vivo.
Ma è proprio la superstizione locale a impreziosire il mito: pare che i braccianti del pieno 19° secolo pregassero Eschilo affinché la loro semina prosperasse, richiamandosi a quel verso inciso sul suo epitaffio gelese: “Gela ricca di messi”, in latino “campi pieni di grano”.