Gela. L’incarico ad un consulente è stato affidato dai pm della procura di Caltagirone, che hanno avviato indagini a seguito della morte, in carcere, del sessantenne gelese Paolo Costarelli. Dell’omicidio si è autoaccusato il quarantaquattrenne calabrese Salvatore Moio, già condannato per omicidio e che stava scontando la pena, proprio nella struttura penitenziaria calatina. Oggi, si sarebbe dovuta tenere l’autopsia sul corpo del gelese, che sarebbe stato strangolato da Moio, suo compagno di cella. Sembra però che la struttura frigorifera, nella quale è stata collocata la salma della vittima, non fosse stata mantenuta con la temperatura necessaria. Un particolare che ha fatto insospettire i familiari di Costarelli, ma anche i legali che li rappresentano, gli avvocati Giuseppe Cascino e Vittorio Giardino. Sicuramente, è un primo fatto anomalo, in una vicenda sulla quale la famiglia del detenuto ucciso vuole fare chiarezza. Pare che il quarantaquattrenne calabrese abbia spiegato di aver ucciso il compagno di cella, usando dei lacci per scarpe e quindi strangolandolo. Sul corpo di Costarelli, ci sarebbero ferite e segni che potrebbero far pensare anche a dinamiche differenti. I legali della famiglia hanno indicato un loro consulente di parte, che parteciperà all’attività tecnica e all’esame autoptico, spostato a giovedì. Costarelli era detenuto per scontare una pena definitiva, per maltrattamenti.
Sembra che all’interno del penitenziario calatino non avesse mai avuto particolari problemi con gli altri detenuti. Moio ha però parlato di liti. Bisognerà anche capire come sia stato possibile che il corpo del gelese, ormai privo di vita, sia stato scoperto a quarantotto ore di distanza dal decesso. Nella stessa struttura penitenziaria, ci sono stati di recente episodi analoghi, con due detenuti morti.