Gela. L’attenuante della provocazione non era stata considerata. Sono queste le motivazioni addotte dalla difesa che hanno convinto la Cassazione ad annullare con rinvio la condanna a 15 anni di carcere per Nicola Incorvaia, che uccise la moglie Emanuela Vallecchi.
Sarà la corte d’Assise d’Appello di Catania a dover processare nuovamente l’ex metronotte, assistito dall’avvocato Flavio Sinatra. La prima sezione della Corte, presidente Paolo Bordomagni, ha annullato con rinvio la condanna, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte di Assise di Appello di Catania per un nuovo giudizio.
Incorvaia è stato condannato in due gradi di giudizio. Dopo essere stato condannato con il rito abbreviato dal Gip del tribunale gelese a 15 anni di carcere per omicidio volontario e 800 mila euro di risarcimento alle parti civili, anche la corte d’Appello confermò in toto la pena. Emanuela Vallecchi, che aveva 21 anni, venne uccisa da cinque colpi di pistola davanti la figlia di 2 anni dal marito la sera del 11 maggio 2010.
La famiglia di Emanuela non ha mai accettato quella sentenza. Quindici anni vennero ritenuti «pochi» per punire l’assassino della figlia, ma il Gip si attenne al codice penale. Incorvaia scelse il rito abbreviato e ottenne uno sconto di un terzo della pena. I due vivevano in un appartamento di via Canalotto. Avevano deciso di separarsi. Nicola non sopportava l’idea che dovesse insistere per stare con la figlia tre volte a settimane per tre ore. I colleghi di lavoro raccontano che era arrabbiato con la moglie che non le consentiva tutto questo. Nessuno però pensava all’epilogo di quella sera. La donna venne uccisa con 5 colpi di arma da fuoco, usando la calibro 9 in dotazione. Poi fuggì con la figlia, abbandonando l’arma sull’asse da stiro. Venne trovato dopo circa un’ora. Dopo la sentenza di secondo grado è stato trasferito in un centro di riabilitazione.