Gela. La città di Gela vive anni difficili, sempre alla ricerca di una identità. La crisi politica coincide con un momento culturale e sociale negativo. Pur spiccando alcune individualità come il pittore Giovanni Iudice, il decadimento è verticale.
Eppure succede che un artista non gelese decida di dedicare un testo poetico proprio a Gela. Lo ha fatto Fabio Strinati, poeta, scrittore, pianista e compositore. Ha pubblicato diversi libri e alcuni sono stati tradotti anche in altre lingue: spagnolo e romeno. Strinati si occupa di arti visive, poesia e musica visiva. Ha scritto alla nostra redazione perché ha voluto dedicare a Gela breve testo poetico inedito, una città a lui molto cara ed importante, sia sotto l’aspetto artistico che affettivo.
E noi lo facciamo volentieri
TRAPPOLE E PAROLE
Vivere come mira nel buco
di una tazza da ingollare.
Avidamente vivere
come l’acciarino secco
e del mare, incrostato suono adula
dietro a quel monte
una cartolina nel vuoto
che di storia s’ingromma!
E quel sonnifero che schernisce i sensi,
che intorpidisce l’anima
quando vita si defila
col becco da santarellino. O quando i gelsi,
cadono sul marciapiede
e ad uno ad uno, lesti si sparpagliano…
e lentamente…
*
E l’aver imparato ad ascoltare i suoni
quando nell’orecchio si strofinano:
suoni modellati o insulti appesi ai ganci,
fino a farli sanguinare!
E l’aver capito come rovesciare
un’anima da imbarcazione,
che si dimena nella rissa delle onde,
come grappoli gonfiati di pesci
sull’orlo d’un ragno e la sua rete,
è pensiero sanguinante che sul ventre
s’aggroviglia, …e che cadenzata scende.
*
Vocabolario nel suo mucchio
fertile e selvaggio,
di parole al mercurocromo
e in dono, i sospiri
d’un pensiero che resiste persino
in uno scafo. Organi di lettere,
strati in metallo oltre i bassifondi
in stanze pregne di pene,
affollate da fischi che oltrepassano
selvagge porte seccate dal tempo
sull’uscio e una scure di mistero.
*
E quel pensiero così tascabile…
un poco sottile e bruno,
che s’è insinuato
sgusciando, sott’acqua pitture
d’anguilla e mirabilia
di sculture come luce di scogli
e un pomo di sole.
E quella fontana di parole,
che fluide scorrono sciando
per vicoli attrezzati e blandi,
giorni di pioggia
e quel bagnato ingresso,
aperto da imprevisto
e da una boccetta di lago
nel mio purpureo, regresso
manto di albero nudo vessato
dal ficchino vento.
FABIO STRINATI