Gela. I giudici della Corte dei Conti non possono intervenire, preventivamente, nel valutare la legittimità di una scelta che spetta alle attribuzioni dell’amministrazione comunale. I magistrati della sezione di controllo della Corte dei Conti regionale hanno dichiarato inammissibile la richiesta di parere, avanzata dal sindaco Lucio Greco e che tocca la vicenda della parrocchia di San Domenico Savio. La giunta vorrebbe trasferire ai salesiani un terreno da 10 mila metri quadrati, attiguo all’area della chiesa, per consentire la realizzazione di una nuova parrocchia e di un centro di aggregazione giovanile, che l’amministrazione Greco ha comunque in programma (senza però avere i fondi necessari). L’obiettivo sarebbe stringere un’intesa con i salesiani, che realizzerebbero il centro di aggregazione (aperto a tutti e già nei programmi della giunta) e la nuova chiesa, ma sul terreno “donato” dal Comune. Greco aveva trasmesso la richiesta di parere alla Corte dei Conti, dopo quanto accaduto negli scorsi mesi, con i cedimenti riscontrati nella chiesa di Villaggio Aldisio e la necessità di programmare eventualmente una nuova costruzione, insieme a quella del centro di aggregazione. Palazzo di Città non otterrebbe alcun corrispettivo in denaro dalla cessione del terreno comunale, ma solo l’impegno dei salesiani a realizzare anche il centro di aggregazione.
Per evitare di autorizzare una cessione che potesse andare contro i principi della contabilità pubblica, il sindaco si è rivolto ai giudici palermitani. Dalla Corte dei Conti è arrivata però una battuta d’arresto, nel senso che viene escluso un qualsiasi parere che possa riguardare scelte (anche politiche) di un’amministrazione comunale. “Detto in altri termini, il sindaco chiede se si possa legittimamente donare un bene pubblico dotato di un rilevante valore economico ad una parrocchia senza avere in cambio una somma di denaro come prevede la legge, ma solo un non meglio precisato “servizio” a suo avviso rientrante tra quelli istituzionalmente previsti a carico del Comune stesso. Egli, quindi, sta richiedendo de facto una preventiva “attestazione di legittimità” – scrivono i giudici – sulla scelta che si accinge a compiere. Il collegio ritiene, pertanto, la richiesta di parere in epigrafe inammissibile in quanto volta ad ottenere un parere in relazione ad un concreto atto gestionale e non in ordine alla portata interpretativa di una norma generale ed astratta”.