Tentato omicidio Borgo Manfria, i Pisano non parlano: Salamone respinge le accuse

 
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Gela. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, davanti al gip del tribunale. Orazio Pisano e Giuseppe Pisano, padre e figlio, sono accusati di essere rispettivamente mandante ed esecutore materiale del tentato omicidio di Carmelo Palmieri, due anni fa raggiunto da colpi di arma da fuoco in un’area rurale a Borgo Manfria. Sono detenuti. Questa mattina, in tribunale, era in programma l’interrogatorio di garanzia, successivo agli arresti eseguiti dai carabinieri. I due indagati, sui quali si concentrano le accuse più gravi, hanno optato per il silenzio, anche per consentire alle difese di analizzare ulteriormente e approfondire il vasto materiale raccolto dagli investigatori. Il sessantatreenne Orazio Pisano è difeso dal legale Tommaso Vespo. Il figlio trentottenne, invece, è rappresentato dall’avvocato Giacomo Ventura. Secondo gli inquirenti, sarebbero stati loro ad imporre la propria “legge” nelle aree rurali della zona di Borgo Manfria, obbligando anche Palmieri alla messa a posto. Ci sono diverse ipotesi di estorsione e il sessantatreenne avrebbe organizzato e contribuito a mettere in atto il danneggiamento dell’attività casearia del fratello, a sua volta indagato. Vennero appiccate le fiamme.

Ha invece respinto le contestazioni il settantenne Gerlando Salamone, attualmente ai domiciliari, accusato di aver avuto la disponibilità di armi e munizioni. Difeso dall’avvocato Giacomo Ventura, l’indagato avrebbe escluso che fosse sua la voce intercettata dagli investigatori, in una captazione decisiva per le contestazioni che gli vengono attualmente mosse. In totale, sono nove i coinvolti. Misure sono state imposte, con obbligo di presentazione e di dimora, anche al quarantunenne Fabio Russello e al ventitreenne Vincenzo Alberto Alabiso (difesi dall’avvocato Nicoletta Cauchi): per loro le accuse riguardano soprattutto alcuni furti. Tutti gli altri indagati, invece, sono a piede libero.

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