Gela. Avrebbero organizzato nei minimi particolari l’attentato, poi fallito a causa di una pistola inceppatasi, contro l’attuale direttore generale di Palazzo di Città Renato Mauro. Per questa ragione, il pubblico ministero Roberto Condorelli ha chiesto la condanna per il sessantanovenne Salvatore Di Giacomo e per il nipote quarantunenne Giovanni Di Giacomo.
Per l’ex dipendente del settore manutenzioni del comune, il magistrato ha chiesto diciotto anni di reclusione: quattordici, invece, per il nipote. La requisitoria è stata formulata davanti alla corte presieduta del giudice Paolo Fiore, affiancato da Luca Solaini e Fabrizio Molinari. L’azione di fuoco sarebbe stata messa a segno da Giuseppe Di Giacomo, uno dei killer utilizzati dal gruppo della stidda, e dallo stesso Giovanni Di Giacomo. La ricostruzione della vicenda, risalente ormai al 1992, avvenne nel febbraio di due anni fa. In quell’occasione, i magistrati della direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta fecero notificare le ordinanze di custodia cautelare proprio ai due imputati. “Gli elementi raccolti – ha detto in aula il pm Roberto Condorelli – sono di tutta evidenza. L’ingegnere Renato Mauro doveva essere colpito perché ritenuto l’ostacolo principale agli affari, condotti anche all’interno del palazzo municipale, di Salvatore Di Giacomo.
Chi voleva lavorare per conto dell’ente, infatti, doveva passare per l’intermediazione di Di Giacomo. Conferme sono arrivate dagli imprenditori sentiti in aula. Non parliamo di un semplice dipendente comunale ma di un soggetto che, addirittura, utilizzava la vettura di servizio per fare il giro dei cantieri e riscuotere il denaro imposto”. Stando al magistrato, fondamentale sarebbe stata la collaborazione, garantita quasi all’indomani dell’azione, da Giuseppe Di Giacomo, successivamente ucciso. “Ad eliminare Renato Mauro – ha continuato il magistrato – doveva essere proprio Giuseppe Di Giacomo. Solo la pistola inceppata ha consentito alla vittima di sfuggire alla morte.
Un colpo, però, venne sparato. Il killer iniziò a collaborare ammettendo altri delitti e senza avere alcun interesse di facciata”. Durante l’udienza, gli avvocati della difesa hanno sentito l’ex dirigente di Palazzo di Città Roberto Sciascia. “Ricordo molto bene – ha spiegato l’ingegnere – che nel periodo pre elettorale del 2001 fu proprio l’ex sindaco Rosario Crocetta a chiedere d’incontrare Salvatore Di Giacomo. Ci fu un faccia a faccia a Scoglitti. Crocetta era interessato ad un appoggio elettorale. Più volte, comunque, l’ex sindaco chiese di parlare con Salvatore Di Giacomo”. Il prossimo 5 giugno sarà la volta degli avvocati di difesa che preciseranno le loro conclusioni. Una provvisionale da cinquantamila euro è stata richiesta dai legali dello stesso Renato Mauro.