"Tasca a capo dei Rinzivillo", il traffico di droga e le sue attività monitorate: "Bar incendiato per l'infame"
Stando agli inquirenti, da Tasca si passava quando c'era bisogno: dagli incendi e fino al recupero di refurtiva o di crediti. Le due attività commerciali a lui riconducibili, entrambe pizzerie, furono monitorate dai poliziotti, con telecamere e microspie

Gela. Per gli investigatori, era lui il capo indiscusso del gruppo Rinzivillo. Durante l'istruttoria odierna, innanzi al collegio penale del tribunale presieduto dal giudice Francesca Pulvirenti (a latere Marica Marino e Fabrizio Giannola), più volte è stata tracciata la figura di Giuseppe Tasca, a processo perché coinvolto nel maxi blitz antimafia “Ianus”. Sono a giudizio, in questo filone processuale, pure Vincenzo Alberto Alabiso, Rosario Greco, Benedetto Giuseppe Curva’, Ignazio Agro’, Loredana Marsala, Marius Vasile Martin, Vincenzo Mazzola, Diego Milazzo (1984), Morena Milazzo, Orazio Monteserrato, Brahallan Ivan Escobar Buritica, Gianluca Attardo, Maurizio Domicoli, Dario Rinzivillo, Andrei Pascal e Giuseppe Terrasi. Altre due posizioni si apprestano a finire a loro volta davanti ai magistrati del tribunale locale. I poliziotti della squadra mobile di Caltanissetta hanno ripercorso diversi fatti assorbiti nell'ordinanza che portò agli arresti. Stando agli inquirenti, da Tasca si passava quando c'era bisogno: dagli incendi e fino al recupero di refurtiva o di crediti. Le due attività commerciali a lui riconducibili, entrambe pizzerie, furono monitorate dai poliziotti, con telecamere e microspie. “Un giorno – ha detto uno dei poliziotti sentito in aula – Tasca, Giuseppe Pasqualino e Giacomo Di Noto, si accorsero di una delle telecamere che era stata installata". A Tasca, secondo gli inquirenti, si rivolse la familiare di un esercente, titolare di alcuni bar in città, dopo che una delle attività pronta per essere rilevata venne data alle fiamme. La vicenda è quella del bar Belvedere, a pochi passi dal municipio, che fu completamente distrutto. “In quella famiglia che aveva acquistato l'attività, il figlio aveva fatto dichiarazioni che accusavano Bruno Di Giacomo, poi arrestato nell'inchiesta “Stella Cadente” - ha riferito uno dei poliziotti della squadra mobile – una familiare andò da Tasca per parlare dell'incendio subito. Lui le fece capire che non poteva fare niente perché c'era stato qualcuno, considerato infame, che aveva fatto dichiarazioni accusando Bruno Di Giacomo. Al massimo, avrebbe dovuto ritrattarle”. A Tasca, inoltre, si rivolse chi aveva ricevuto a casa una busta con all'interno un proiettile e ancora l'ex marito della sorella di un altro imputato coinvolto nel blitz, Giuseppe Domicoli. In questo caso, c'era stato l'incendio di un'auto. La figura di Tasca, è stato riferito, entrò nella vicenda del furto in una gioielleria del centro storico. Un colpo da circa settantamila euro. In quell'occasione, il familiare di uno dei proprietari “cercò il gruppo di Tasca per riavere la refurtiva”. Lo stesso Tasca avrebbe ottenuto “in regalo” un prezioso orologio, “che però consegnò a Giacomo Di Noto”. Sarebbe stato lo stesso Tasca a introdurre Di Noto in Cosa nostra. Tasca, ancora, venne avvicinato dal titolare di un supermercato, nel tentativo di convincere le controparti del figlio a rinunciare a un'azione per risarcimento danni, dopo una lite sfociata in scontro fisico. Un altro coinvolto nella stessa inchiesta, l'imprenditore Salvatore Mezzasalma, sulla base di quanto riferito dai poliziotti della mobile, avrebbe contattato Tasca per fare in modo che intervenisse, con la sua caratura, per un recupero crediti. I pm della Dda di Caltanissetta, in aula, hanno più volte puntato pure sul traffico di droga. “Tasca e Giuseppe Pasqualino erano la stessa cosa”, così avrebbe detto ad alcuni interlocutori il presunto capo dei Rinzivillo. L'affare della droga era concentrato sul canale catanese e su quello agrigentino. Gli etnei, a cominciare da Salvatore Castorina, poi diventato collaboratore di giustizia, sarebbero stati in affari con Giuseppe Domicoli e con lo stesso Pasqualino, anche attraverso Tasca. “Ci furono alcuni summit organizzati a Gela”, hanno detto i testimoni. L'attività commerciale della famiglia di Domicoli sarebbe stato un punto di ritrovo piuttosto costante. I difensori di Tasca, gli avvocati Danilo Tipo e Lia Comandatore, con una serie di domande, hanno messo in discussione la ricostruzione degli inquirenti rispetto proprio al ruolo dell'imputato. Tra le parti civili, ci sono il Comune di Gela, su mandato dell’amministrazione, rappresentato dall’avvocato Giusy Ialazzo, e il Ministero dell’interno, attraverso l’Avvocatura dello Stato (con il legale Giuseppe Laspina). Per la posizione di Filippo Scordino è stato disposto lo stralcio, con la scelta del patteggiamento. Gli imputati in dibattimento sono rappresentati dagli avvocati Filippo Spina, Gioacchino Mule’, Rocco Cutini, Salvatore Pennica, Nicoletta Cauchi, Giovanni Lomonaco, Flavio Sinatra, Gaetano Rizzo, Giovanni Salvaggio, Calogero Lo Giudice, Calogero Meli, Paolo Ingrao, Matteo Anzalone, Rosanna D’Arrigo e Teresa Raguccia. Per altri coinvolti, in abbreviato davanti al gup del tribunale di Caltanissetta, sono state richieste pesanti condanne.