Gela. L’Italia combatte l’Italia, la stessa Italia che subissa con il “dileggio c’hella fa del diritto, della morale e della religione”, elementi gravissimi che corrompono un popolo e ci degradano agli occhi dello straniero, ci svergognano, dove volevamo sovrastare a tutti i costi i popoli d’Europa.
I nostri liberatori, che non sono venuti a combattere e assalire il tedesco, il francese o l’anglo che governano tanta parte dell’Italia, ma per versare torrenti di sangue, nel seno della stessa amata Patria, per farla più povera e serva.
Queta guerra fraticida, dove l’Italia combatte la stessa Italia e nello stesso tempo per l’unità, ha distrutto tutti i principi tradizionali e morali, che avevano fatto grande il regno delle due Sicilie. Sconvolgono con distruzione e guerre il mondo produttivo del meridione. Gli stranieri, potentissimi, si preparano alla guerra, mentre le persone, le industrie, le arti, il commercio italiano, precipitano fino a toccare il fondo, senza nessuna possibilità di uscita. Perché tra spogli, fucilazioni, incendi e le rovine, l’Italia subissa l’Italia con il disprezzo del diritto, della morale e della religione. Sono elementi che ci degradano agli occhi dello straniero, che ci denunziano, che ci svergognano, proprio nella parte dove volevamo rimanere al di sopra delle genti. Ora i nostri primati civili, vanto di tanti anni di attività produttiva, adesso diamo spettacolo d’avidità da pirati, di barbarie, di cinismo e d’ateismo, vestiti di tanta ipocrisia, meritiamo solo disprezzo. Questo è il mondo che con la guerra fraticida dei piemontesi, in nome dell’unità dell’Italia, nella terra meridionale si sono svenati e continuano a svenarsi per l’Italietta del sud, facendo in modo ch tutti gli investimenti di grossa portata non discendono, come le correnti di un fiume in piena, verso il mare, ma trovano sbarramento e sicuro ristoro per essere investiti nel nord produttivo. A noi rimane l’eco delle belle parole, come per la cassa per il mezzogiorno, il Cipe, il piano americano degli investimenti per le regioni più povere, subito dopo la seconda guerra mondiale (conosciuto come piano Marshall). Il ponte sullo stretto di Messina, chi deve farlo? La destra o la sinistra? Nesuno delle due correnti politiche, perché se investissimo tutto quel denaro nel mezzogiorno dell’Italia, rischieremmo di fare crescere il sud e il nord dovrebbe rimanere al palo? Non possiamo permetterci una sfacelo di quella portata, meglio che continui a soffrire il mondo al di quà del faro, tanto l’ha fatto ormai per quasi duecento anni, può continuare a farlo per altri duecentomila anni, tanto sono sotto la protezione della cultura meridionale che non segue gli sprechi inutili nel mezzogiorno dell’Italietta ammaestrata dai fratelli del nord. Così è l’Italia dopo l’unità una bianca e una nera,dove studiosi del nord e studiosi del sud in nome dell’unità – per cui l’hanno costituita – continuano ad impegnarsi a renderla produttiva tenendo sempre presente di proteggera quella più all’avanguardia e impregnata di progresso, così l’Italia può continuare ad essere divisa in due parti, una completamnte bianca e l’altra nera come il carbone. Questo roccioso baluardo, sicuramente, non può essere scalfito dal conformismo liberale anche se a volte dubitoso ed erudito.
Il re Ferdinando II, sanate le ribellioni del 1848, rivolgeva la sua attenzione alla ricostruzione del Paese, affrontandolo, subito dopo il processo di restaurazione, a fianco di Carlo Filangieri, che propose al re il rientro degli esuli allontanati dall’esercito. Così in Sicilia, prende piede la politica di riconciliazione con Ferdinando II, che portò subito un nuovo sviluppo socio economico dell’isola. il re era di natura, come dicono i napoleani, capoteco, cioè testa dura, ama non mandare a morte tutti gli oppositori che volevano togliergli il trono, anzi pronto a concedere la grazia a tutti quelli che si erano impegnati a chiederla.
La data del 15 maggio 1848, per il re Ferdinando II, segna l’inizio di una nuova politica per il regno delle due Sicilie e fu un vero trionfo per i reazionari, non solo a Napoli ma in tutto il meridione, non voluto da Ferdinando che dava la colpa agli intellettuali o pseudo istruiti, come li definiva lui, alla ricerca di novità o di successo. Questi pennaroli o pagliette, cioè avvocatuncoli che esercitavano specialmente a Napoli una grande influenza nel mondo politico e morale. Il gruppo dei paglietti, non potendo portare nelle case umane un’opinione equanime si prodigavano, attraverso chiacchere inutili, di imbrogliare la povera gente. Ferdinando II che aveva nei confrinti degli avvocati una antipatia particolare, anzi un disprezzo totale, tanto da chiamarli tutti paglietti e attribuendogli tutti i fatti del 1848. Tanto che lo stessso Luigi Settmbrini che trasse dall’ergastolo di Santo Stefano le “ricordanze” della sua vita, disse: ”O avvocati, anzi paglietti, voi meritate la servitù”. Questi gruppi fomati da categorie più disparete, concorrevano a discreditare il governo e nelle leggi trovavano argini alle attività giornalistiche, poetastri, negozianti falliti, medici senza malati, studenti senza libri, proletari svogliati. Molti di quelli che avevano più urlato cambiarono casacca. Il dire male di questa gente che aveva assimilato la negazione di Dio, provocavano un dissenso nei confronti del governo, che proprio in questo periodo aveva condotto una politica di progresso economico e sociale di grande valore nel Regno delle Due Sicilie. Ferdinando ha speso più di due milioni (denaro proprio) per rifare la Reggia di Caserta. Ha risrutturato i Palazzi di Palermo, di Caserta, di Capodimonte, di Quisisana, ha viaggiato e trattato in Napoli da Sovrano con i Sovrani, sempre con i suoi soldi e in un anno 1846-47, ha elargito due milioni di elemosine. Si impegnò a costruie strade, edifici comunali, Lazzaretti, case per bagni minerali, nuove prigioni con nuovo sistema penitenziario, scuole per sordomuti, ospizi e asili per indigenti ed orfani o folli o reietti, istituzione di nuove accademie, nuove cattedre, nuovi collegi e licei; bonifica terre paludose, cultura di terre boscose, edificazione di ponti di ferro e di fabbriche, fanali a gas, fari alla Fresnel, compagnie di pompieri, stipulazione di trattati di commercio. Guardia civica e gurdia d’onore, così il meridione, faceva concorrenza a tutti gli altri stati italiani, prima della liberazione, anzi occupazione dei piemontesi.
Per comporre questa ennesima arringa sconclusionata Maganuco ha mescolato qualche sua “considerazione” ad alcuni periodi estratti – ma senza indicarlo – a casaccio da “I Napolitani al cospetto delle nazioni civili”, un pamphlet pubblicato da Giacinto de Sivo, uno dei tre componenti della commissione per la propaganda nominata da Francesco II, nel 1861 (ma l’edizione qui usata è quella successiva, del 1862). Bisogna però precisare che gli errori di ortografia (es., “fraticida” per “fratricida”) e sintassi non sono nell’originale, li ha messi tutti Maganuco.