Gela. Le mani della stidda sui capitali di decine di aziende del Nord Italia. Anche questo filone investigativo è stato seguito dagli inquirenti, che hanno messo a segno il blitz “Stella cadente” e quello ribattezzato “Leonessa”, che ha avuto come nodo strategico il territorio lombardo, soprattutto l’hinterland di Brescia. Per gli investigatori, le strategie finanziarie passavano dall’imprenditore trentatreenne Rosario Marchese, che anche in Lombardia era riuscito a radicare il sistema delle illecite compensazioni fiscali. Milioni di euro sarebbero arrivati da un affare, che consentiva di raggirare l’erario. Da quanto emerso, quei soldi Marchese e gli altri indagati nel filone “Leonessa” li avrebbero messi a disposizione della stidda. Da alcuni giorni, anche davanti ai giudici lombardi, vengono discussi i ricorsi presentati al riesame dai legali di difesa. Così, hanno chiesto di rivedere i provvedimenti emessi nei confronti dei loro assistiti i difensori di Alessandro Scilio, Simone Di Simone, Giuseppe Cammalleri e Salvatore Sambito.
Sono solo alcuni degli oltre cento indagati. Nell’indagine, sono stati coinvolti professionisti e funzionari pubblici. Scilio, difeso dall’avvocato Salvo Macrì, ha anche reso dichiarazioni, respingendo le contestazioni che gli vengono mosse. Gli avvocati Davide Limoncello, Giovanna Zappulla e Ivan Bellanti, a loro volta, hanno chiesto l’annullamento delle ordinanze, emesse nei confronti degli altri indagati gelesi.