“Stella cadente”, difesa Vella: “Nessuna estorsione ai Famà, non pagarono i lavori”

 
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Gela. Nessuna estorsione ai fratelli Famà, titolari del “Caffè Milano”, le cui denunce furono tra quelle che portarono gli inquirenti ad aprire il fronte investigativo dell’inchiesta antimafia “Stella cadente”. In settimana, davanti al collegio penale del tribunale, è toccato alla difesa dell’esercente licatese Giuseppe Vella esporre le proprie conclusioni. Secondo le contestazioni, Vella avrebbe cercato di recuperare un credito vantato nei confronti dei Famà, appoggiandosi ad esponenti stiddari vicini al boss Bruno Di Giacomo (per i fatti dell’indagine “Stella cadente” già condannato in primo e secondo grado). La difesa dello stesso Vella, invece, ha proposto una ricostruzione del tutto difforme da quella avanzata dai pm della Dda di Caltanissetta, che hanno chiesto la condanna per il licatese e per gli altri imputati. Secondo il legale, i Famà cercarono in tutti i modi di non pagare quanto dovuto a Vella, per lavori e forniture nella loro attività commerciale. Per settimane, non avrebbero risposto alle sue chiamate e ai messaggi. “Chiese i pagamenti anche per non trovarsi in difficoltà con le banche – ha detto il difensore – questo sarebbe il comportamento di un estorsore?”. Secondo il legale, gli inquirenti avrebbero dato fin troppo seguito alle versione dei Famà, “quasi come se fossero il Messia”, ha spiegato. “Addirittura furono loro ad arrivare a chiedere un prestito a Vella”, ha aggiunto. L’imputato non sarebbe riuscito ad avere l’intero importo per i lavori e le forniture di arredi. Sono state escluse minacce e pressioni. Anche altri difensori hanno messo in dubbio la versione resa dai fratelli titolari del bar. Al termine della loro requisitoria, i pm dell’antimafia Claudia Pasciuti e Davide Spina, hanno già chiesto trent’anni di detenzione per Giovanni Di Giacomo. Vent’anni di detenzione è la richiesta per Salvatore Antonuccio, ritenuto assai attivo nel gruppo. Per Vincenzo Di Giacomo, invece, la richiesta è di diciassette anni e sei mesi di reclusione. Diciotto anni di reclusione sono stati avanzati per le posizioni di Vincenzo Di Maggio e Giuseppe Nastasi. Sedici anni e otto mesi, inoltre, per Rocco Di Giacomo (che è anche parte civile). Sedici anni di reclusione sono stati indicati per Alessandro Pennata. Otto anni ciascuno per Giuseppe Truculento e Giuseppe Vella. Sette anni è la richiesta avanzata nei confronti di Samuele Cammalleri. Quattro anni, infine, per Benito Peritore. I pm hanno analizzato le attività estorsive, che avrebbero messo sotto scacco decine di esercenti. Soprattutto bar e locali sarebbero stati al centro dell’interesse degli stiddari, che avrebbero voluto imporre le forniture.

Le richieste di condanna sono state sostenute dalle parti civili, gli esercenti sottoposti a minacce e ritorsioni, con gli avvocati Valentina Lo Porto, Federica Maganuco e Alessandra Campailla. Parti civili, infine, sono la Fai e l’associazione antiracket “Gaetano Giordano”. Toccherà ad altri difensori concludere nel corso delle prossime udienze. Tutti gli imputati, durante l’istruttoria dibattimentale, hanno respinto le accuse. Sono difesi dai legali Flavio Sinatra, Giovanna Zappulla, Cristina Alfieri, Carmelo Tuccio, Antonio Gagliano, Tommaso Vespo, Antonio Impellizzeri, Enrico Aliotta e Rosita La Martina.

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