Gela. Bruno Di Giacomo si è avvalso della facoltà di non rispondere, chiamato a testimoniare dalla difesa di uno degli imputati nel dibattimento scaturito dall’inchiesta antimafia “Stella cadente”. E’ ritenuto nuovo capo del gruppo stiddaro e condannato in primo e in secondo grado proprio per i fatti legati al blitz. In videocollegamento, assistito dall’avvocato Francesco Enia, ha comunicato la scelta al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore. Questo filone processuale è attualmente in corso e il collegio ha anche affidato un’integrazione per la perizia su alcune intercettazioni telefoniche, con l’incarico ad una traduttrice dal romeno. Uno degli imputati, il licatese Giuseppe Vella, è stato sentito e ha respinto in toto le contestazioni che gli vengono mosse dai pm della Dda di Caltanissetta, in aula c’erano i magistrati Claudia Pasciuti e Davide Spina. L’esercente, che si occupa della fornitura di arredamenti e materiali per attività commerciali, è accusato di aver fatto pressioni sui fratelli Francesco Famà e Vincenzo Famà che sono tra coloro che denunciarono, attraverso un altro imputato, Giuseppe Truculento. “Ho conosciuto i Famà e Truculento nello stesso periodo – ha detto rispondendo alle domande poste soprattutto dal legale di difesa – mi avevano chiesto delle forniture. I Famà, però, non rispettarono gli accordi e non sono stato pagato. Ricordo due incontri, in presenza di Truculento, ma non ci furono mai minacce. Truculento con un’arma? Lo escludo”. Vella ha ribadito che ancora oggi non ha ricevuto quanto previsto per le forniture ai Famà.
“Non li ho mai minacciati – ha continuato – io lavoro e tanti in questo settore mi conoscono, anche a Gela. Addirittura, ad un certo punto furono i Famà a chiedermi dei prestiti in denaro. Io proposi solo un piano finanziario per avere quello che mi spettava. Non fu possibile perché i Famà risultavano inseriti nel Crif. Truculento rispettava le cambiali e pagava regolarmente. Non sapevo dei suoi precedenti penali. A Licata venne anche quando mio figlio inaugurò un panificio e per insegnargli a fare le arancine”. Davanti al collegio, oltre a Vella e Truculento, sono imputati Giovanni Di Giacomo, Salvatore Antonuccio, Samuele Cammalleri, Alessandro Pennata, Vincenzo Di Giacomo, Benito Peritore, Vincenzo Di Maggio, Giuseppe Nastasi e Rocco Di Giacomo. Sono parti civili gli esercenti sottoposti a minacce e ritorsioni, con gli avvocati Valentina Lo Porto e Alessandra Campailla. Parte civile, ma solo per alcuni capi di imputazione, è anche uno degli imputati, Rocco Di Giacomo (con l’avvocato Antonio Gagliano). Parti civili, infine, sono la Fai e l’associazione antiracket “Gaetano Giordano”. Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Giovanna Zappulla, Cristina Alfieri, Enrico Aliotta e Antonio Impellizzeri.