Gela. “Io l’ho visto in strada ma non penso che lui mi abbia vista”. Così ha spiegato, ieri in aula davanti al collegio penale del tribunale, la giovane che vive in un’abitazione di via Annibal Caro e che rischiò di essere colpita da un proiettile esploso con una pistola da Benedetto Giuseppe Curvà, a processo per tentato omicidio. Secondo i pm della procura e i carabinieri, si sarebbe trattato della reazione ad un’aggressione subita da Curvà, che solo poche ore prima era stato picchiato a colpi di catena, nella zona di via Bevilacqua. Per quest’ultimo fatto, ha già patteggiato il quarantenne Crocifisso Di Gennaro. Curvà avrebbe fatto fuoco contro l’abitazione, perché nell’immobile vive la famiglia del minore che spalleggiò Di Gennaro. La giovane è stata sentita in aula, davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Eva Nicastro e Martina Scuderoni). Ha risposto alle domande dei difensori dell’imputato, gli avvocati Giovanni Lomonaco e Antonio Impellizzeri, che hanno ottenuto il giudizio abbreviato. Il pubblico ministero Marco Rota ha chiesto ulteriori particolari alla giovane. “Ricordo che quel giorno mi ero svegliata tardi – ha detto – avevo appena aperto, ma leggermente, una sola anta della finestra. In strada, ho visto diverse persone, c’era anche Curvà. Lui però non poteva vedermi. Comunque, l’ho perdonato. Siamo anche parenti”.
Secondo la difesa, Curvà non avrebbe avuto intenzione di colpire la ragazza e anche per questa ragione hanno messo in dubbio la contestazione di tentato omicidio. L’imputato sarà sentito nel corso della prossima udienza, fissata ad ottobre, quando dovrebbe arrivare anche la decisione.