Spari a Borgo Manfria, non saranno condotti accertamenti tecnici: sarà sentito il collaboratore Cavallo che si è autoaccusato
A questo punto, sarà importante il suo esame, fissato per il prossimo ottobre


Gela. Le condizioni per gli eventuali rilievi sono mutate e non consentono di condurre gli ulteriori accertamenti tecnici che erano stati autorizzati sulle celle telefoniche, nel giudizio di appello per il tentato omicidio di Borgo Manfria, quando venne ferito a colpi di arma da fuoco Carmelo Palmieri. Fatti che in primo grado, con il giudizio abbreviato, determinarono la condanna per Orazio Pisano e per il figlio Giuseppe Pisano, rispettivamente a undici anni e otto mesi e a undici anni di detenzione. La procura generale ha confermato, davanti ai magistrati della Corte d'appello di Caltanissetta, che non verranno effettuate nuovo operazioni tecniche. Bisognerà quindi rifarsi a quanto già appurato. L'esigenza di condurre verifiche maggiori, soprattutto sulle celle telefoniche, si è posta a seguito di quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia Giuseppe Cavallo, che ha spiegato agli inquirenti di aver partecipato al tentato omicidio. Una ricostruzione inedita, quella fornita da Cavallo, che tutte le parti intendono valutare. A questo punto, sarà importante il suo esame, fissato per il prossimo ottobre. Padre e figlio non hanno mai ammesso di aver agito. Per gli inquirenti, si trattò invece di una spedizione punitiva che puntava proprio a Palmieri, dato che non aveva accettato la messa a posto che i Pisano avrebbero imposto nella zona tra Borgo Manfria e Mangiova. Secondo l'accusa, a sparare fu Giuseppe Pisano. Palmieri sarebbe sfuggito a conseguenze peggiori, trovando rifugio in un casolare della zona. Secondo gli investigatori, proprio Pisano voleva uccidere. Per le difese, padre e figlio non avrebbero né organizzato né eseguito l'azione a colpi di arma da fuoco. In primo grado, la condanna a quattro anni e due mesi arrivò inoltre per Emanuele Pisano, fratello di Orazio Pisano. Sarebbe stato ben consapevole del controllo imposto nelle aree rurali. Assistito dal legale Giovanni Lomonaco, è contemporaneamente parte civile, per aver subito l'incendio del proprio caseificio. Sarebbe stato il fratello Orazio a ordinare il rogo, eseguito da un minore. Tra i due i rapporti pare fossero notevolmente compromessi. Palmieri è parte civile, per quanto accaduto, assistito dall'avvocato Vittorio Giardino. I Pisano sono rappresentati dai difensori Giacomo Ventura, Vincenzo Vitello e Walter Rapisarda.