Sotto chiave i beni di un affiliato: la Cassazione ne conferma la confisca

 
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Gela.
Adesso il provvedimento di confisca è diventato definitivo: a sancirlo sono stati i giudici della corte di cassazione che, in sostanza, hanno confermato altri due precedenti verdetti. Finiscono sotto chiave, quindi, uno stabile e un appezzamento agricolo di proprietà del quarantatreenne Giorgio Lignite e dei suoi familiari. Proprio Lignite è considerato dagli investigatori affiliato ai clan locali di cosa nostra.

Il primo provvedimento di sequestro venne eseguito nell’ottobre di cinque anni fa: furono i magistrati del tribunale per l’applicazione delle misure di prevenzione di Caltanissetta a disporre il sequestro dei beni.
Gli inquirenti, infatti, ritennero esistere un’evidente sproporzione tra i redditi, molto bassi, dichiarati dal gruppo familiare e la disponibilità degli immobili. Il sequestro venne successivamente confermato dai giudici della corte d’appello nissena nel gennaio di un anno fa. Davanti alle contestazioni mosse dai legali del presunto affiliato, però, sono stati i magistrati di cassazione a pronunciarsi, disponendo la confisca dei beni.
Lo stabile acquistato nella zona del quartiere Baracche e l’appezzamento agricolo verranno gestiti direttamente dai funzionari dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati che seguiranno le procedure previste dalla legge in materia.
Furono gli investigatori ad effettuare una serie di verifiche sui conti corrente aperti da Giorgio Lignite e dai suoi familiari, finiti a loro volta al centro dell’indagine. Il suo nome è finito più volte tra quelli inseriti in diverse indagini antimafia condotte da magistrati e forze dell’ordine, compresi i blitz “Cerberus” e “Oraculum”.

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