Gela. Sette colpi, probabilmente sparati con una beretta, e l’allora ventiduenne Orazio Sotti cadde senza vita davanti ai killer. La ricostruzione degli investigatori. Ad essere accusati dell’omicidio sono i fratelli Salvatore e Giuseppe Cilio che, per questo motivo, si trovano sotto processo davanti ai giudici della corte d’assise di Caltanissetta. I primi particolari di quella che secondo gli investigatori fu una vera e propria esecuzione sono emersi durante l’esame di due poliziotti impegnati nell’attività d’indagine. Sono stati ascoltati davanti alla corte. I bossoli ritrovati sulla scena del delitto, ovvero il garage della famiglia Sotti a Fondo Iozza, ribadirebbero l’intera dinamica dei fatti. Le pallottole avrebbero raggiunto anche l’automobile del giovanissimo preso di mira. Uno degli investigatori, in servizio per conto dell’aliquota di polizia alla procura, ha invece analizzato i contatti che, prima della morte, avrebbero caratterizzato la vita quotidiana di Sotti.
Una vendetta sentimentale? Sono emerse, nuovamente, le figure delle due ragazze che sarebbero state al centro della presunta volontà di vendetta dei fratelli finiti a processo. Le due giovani, in momenti differenti, avrebbero intrattenuto una relazione con la vittima pur essendo legate agli imputati. Intrecci che avrebbero fatto da miccia. I testimoni hanno risposto alle domande formulate dai legali di difesa, gli avvocati Salvo Macrì e Luigi Cinquerrui, e a quelle dell’avvocato di parte civile Giuseppe Cascino che assiste i familiari di Sotti, costituiti parte civile. I difensori, fin dall’udienza preliminare, hanno sempre messo in dubbio che a colpire, quel dicembre di venticinque anni fa, possano essere stati gli imputati. Nuovi testi, comunque, verranno sentiti alla prossima udienza già fissata per il 19 maggio.