Gela. Qualcosa si muove per la riapertura dello stadio Presti. Lo scriviamo e ne parliamo da mesi, quasi due anni per essere precisi. L’obiettivo dell’attuale amministrazione era quello di rendere fruibile l’impianto di via Niscemi entro fine agosto, con aggiornamenti e rinvii continui. Da agosto si è passati a settembre. Da settembre a metà ottobre. Adesso la nuova data è metà novembre. Sembrava esserci stata una spallata con la decostruzione della tettoia della tribuna e il montaggio della gradinata modulare. Ed invece quello che dovrebbe essere ordinario diventa maledettamente complicato. La ditta Limonta inizierà soltanto lunedì gli interventi di sistemazione del manto erboso. Ieri è arrivato il materiale ed in una settimana il fondo campo dovrebbe essere calpestabile dopo mesi di totale abbandono.
Il nuovo obiettivo dell’amministrazione è quello di renderlo agibile aprendo al pubblico tribuna (scoperta) e gradinata e chiudendo la curva per consentire di utilizzare gli spogliatoi antistanti la Boscaglia. Sarebbe già un buon risultato, considerati gli anni di attesa.
Poi serve l’ultimo intervento sostanziale, ovvero la riqualificazione degli spogliatoi. A parte semplici interventi di scialbatura e agli impianti elettrici, occorrerà verificare se esistono problemi di infiltrazione di acqua. Stamattina alcuni rappresentanti della giunta e tecnici hanno svolto un nuovo sopralluogo. I pareri sulla staticità ci sarebbero già. Continuiamo ad utilizzare il condizionale perché il passato ci ha insegnato che sino a quando i cancelli del vecchio Presti non riapriranno è meglio rimanere molto cauti.
Va sottolineato che presto il Mattei si ingolferà: Una squadra in Eccellenza, una in Seconda, due in Terza categoria. E presto inizieranno anche i tornei giovanili provinciali. Una congestione che potrà essere contenuta solo con la riapertura del Presti.
Domenica il Gela di Maurizio Melfa giocherà al Mattei contro la Petiliana ed il Gela Fc a Rosolini.
Dopo la decostruzione ci sarà
la costruzione della tribuna? Ai posteri l’ ardua sentenza