Roma. Uno dei reperti archeologici sequestrato nel corso dell’inchiesta “Demetra” è stato ufficialmente restituito al Perù, che ne aveva rivendicato la proprietà, dopo diversi accertamenti tecnici. Nell’inchiesta, arrivata a processo, sono coinvolti anche gelesi, che avrebbero fatto parte del gruppo scoperto dai carabinieri, in collaborazione con Europol e Eurojust. Centinaia di reperti sarebbero stati piazzati sul mercato internazionale. Nel febbraio del 2015 l’anfora fittile è stata individuata e sottoposta a sequestro dai carabinieri del nucleo Tpc di Palermo a seguito di una perquisizione nei confronti di un indagato nell’ambito dell’operazione “Dmetra”, finalizzata ad individuare un’associazione per delinquere dedita al traffico illecito internazionale di beni archeologici provenienti da scavi clandestini in Sicilia. L’indagine è stata coordinata dalla procura della Repubblica, con i pm della Dda di Caltanissetta, insieme ad Eurojust e Euopol. Gli esami tecnici effettuati dal personale del Museo nazionale preistorico ed etnografico “Luigi Pigorini” di Roma ne hanno attestato l’autenticità e la riconducibilità alla cultura Chancay (1000-1300 d.C.) della costa centrale del Perù.
Il 25 novembre 2015 è stato richiesto l’expertise al Ministero della Cultura peruviano, pervenuto l’11 maggio 2016 con relativa rivendicazione da parte dello Stato sudamericano. Nel novembre del 2019, la procura della Repubblica ha richiesto e ottenuto l’expertise sul bene e la formale rivendicazione da parte delle autorità peruviane, disponendone così il dissequestro e la restituzione in favore della rappresentanza diplomatica peruviana.