Gela. È stata confermata in Cassazione la condanna a cinque anni e quattro mesi di reclusione per Andrea Nicosia. Era accusato di omicidio stradale plurimo e lesioni gravissime. Guidava la vettura sulla quale viaggiavano tre giovani, di ritorno da Caltanissetta dove avevano sostenuto le prove per il patentino. L’impatto sulla 626 fu fatale per Angelo Scalzo, morto ad appena sedici anni. Era a bordo dell’auto condotta dall’imputato. Rimasero feriti la sorella Miriana e un altro giovane. La carambola innestata determinò lo schianto con la Y10 guidata dall’ambulante riesino Giuseppe Danese, a sua volta morto sul colpo. Venne coinvolto infine un mezzo pesante. La Cassazione non ha accolto il ricorso dei difensori dell’imputato, i legali Flavio Sinatra e Antonio Gagliano. Già nei precedenti gradi di giudizio, facendo leva su perizie tecniche, avevano insistito sulle condizioni del manto stradale e su un giunto saltato che avrebbe inciso nella dinamica. Hanno parlato di velocità nei limiti. Un approfondimento tecnico venne disposto anche in appello. Per l’accusa, l’incidente fu generato dalla condotta di guida di Nicosia. Per i pm, avrebbe dovuto tenere una moderazione maggiore. Quel giorno, sostituiva il titolare della scuola guida alla quale erano iscritti Scalzo, la sorella e l’altro ferito. La procura generale ha chiesto di respingere il ricorso delle difese. Stessa linea adottata dai legali di parte civile, gli avvocati Rita Parla e Michele Liuzzo. Per conto della società Giesse Risarcimento Danni, hanno rappresentato le famiglie Scalzo, Danese e Serafino D’Andrea. In primo grado, in abbreviato, l’imputato era stato condannato a sette anni e quattro mesi di detenzione. “E giustizia infine è stata fatta – hanno commentato le famiglie e i legali dei giovani e delle vittime – purtroppo in secondo grado sono stati tolti due anni che ora avrebbero inciso notevolmente sulla pena effettiva, ma possiamo comunque dire che la condanna c’è stata. Lancia un chiaro messaggio educativo: chiunque guida ha la propria e tante altre vite in mano, ogni sbaglio viene severamente punito”. “Secondo quanto ricostruito sin dal primo grado di giudizio dai nostri tecnici e confermato anche da entrambi i consulenti incaricati da procura e Corte d’Appello – spiega Diego Ferraro, responsabile di Giesse Canicattì – al momento dell’incidente, avvenuto a pochi chilometri dallo svincolo per Butera, nonostante l’asfalto bagnato e la presenza di una curva, Andrea Nicosia perse il controllo del mezzo andando a invadere la corsia di marcia opposta perché non stava mantenendo una velocità adeguata”.
“Nonostante l’evidenza delle responsabilità sin dalle prime ricostruzioni dopo l’incidente, resta ancora aperto il capitolo dei risarcimenti dovuti ad alcuni familiari delle vittime, che tramite i legali fiduciari di Giesse hanno dovuto avviare un’ulteriore causa in sede civile. Abbiamo preteso il pieno risarcimento di ogni voce di danno, anche morale, subìto da ciascun familiare. Senza se e senza ma – conclude in una nota Ferraro – la compagnia dell’auto di Nicosia, Axa Assicurazioni, non ha voluto però liquidare l’integrale risarcimento dovuto. Attendiamo, pertanto, anche l’esito di questa ulteriore causa prima di poter davvero considerare concluso anche l’iter risarcitorio”.