Brescia. Per gli investigatori che hanno seguito il filone bresciano della maxi inchiesta contro la stidda, si potrebbe trattare di un centro per lo smercio di schede telefoniche, usate anche dagli indagati, ma intestate ad altri utenti, del tutto ignari. Gli inquirenti sono arrivati ad un’attività commerciale, nella città lombarda, che avrebbe garantito coperture anche a diversi coinvolti nel blitz “Leonessa”. In questo modo, avrebbero usato utenze, intestate a terze persone, per cercare di sviare gli inquirenti, che hanno intercettato migliaia di conversazioni. Nella città lombarda, il punto di riferimento, in base a quanto ricostruito, sarebbe stato l’imprenditore trentatreenne Rosario Marchese, che da qualche anno ha lasciato Gela, trasferendo i suoi affari al nord.
E’ stato scoperto un vorticoso giro di compensazioni fiscali illecite, mentre i presunti stiddari avrebbero allargato i loro interessi, acquistando attività e infiltrando aziende in crisi, potendo contare su funzionari pubblici e professionisti compiacenti. Nel corso degli accertamenti, i poliziotti hanno individuato almeno mille schede telefoniche, intestate ad utenti inconsapevoli, tutte riconducibili allo stesso centro di telefonia. E’ stata disposta la chiusura dell’esercizio commerciale per quindici giorni.