Scarichi “leciti” inquinanti nel fiume. La Procura ‘’Abbiamo le mani legate’’

Il procuratore Vella denuncia una situazione paradossale: scarichi vietati in altre regioni, in Sicilia sono considerati leciti per legge.

22 ottobre 2025 13:17
Scarichi “leciti” inquinanti nel fiume. La Procura ‘’Abbiamo le mani legate’’ -
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Gela. Nel fiume Gela, l’acqua cambia colore. A volte è nera come l’olio, altre viola, altre ancora di un inquietante rosa.

E quando scorre, porta con sé un odore acre, quasi insopportabile. Una scena a cui i gelesi si sono tristemente abituati nel tempo. Le segnalazioni di sversamenti si ripetono, ciclicamente.

Nel tempo abbiamo raccontato di acque maleodoranti, di pozze di colore innaturale, di schiuma che galleggia sulla superficie come una coperta tossica.

Eppure — e qui sta il paradosso — tutto questo, almeno in parte, sarebbe perfettamente lecito. La denuncia arriva direttamente dal Procuratore Capo della Procura di Gela Salvatore Vella, che da tempo sul suo tavolo ha il fascicolo relativo al Fiume.

“In Sicilia, la legge regionale non prevede l’obbligo di depurare le acque meteoriche di piazzale – spiega il Procuratore Vella - Questo significa che anche le acque piovane che si accumulano nelle aree industriali possono essere scaricate direttamente nel fiume, senza alcun trattamento. Solo nella nostra zona industriale ci sono circa un centinaio di aziende le cui acque di scarico, ad esempio derivate dal lavaggio delle autocisterne, finiscono nel ciclo delle acque bianche, senza alcun obbligo di depurazione”.

Cento piazzali da cui, ogni volta che piove, defluiscono tonnellate di acqua che trascinano residui di carburanti, oli, detergenti e sostanze chimiche. Acque che finiscono dritte nel fiume Gela, in un sistema di scarichi che la legge — paradossalmente — considera regolare.

Attività lecite, dunque, non sanzionabili penalmente. Ma il cui impatto ambientale è enorme.

“Si tratta di attività lecite, non sanzionabili penalmente – aggiunge il Procuratore -  Ma l’impatto ambientale è enorme. In altre regioni, come la Toscana o la Puglia, queste acque devono essere trattate. In Sicilia, no. È una scelta normativa, e tocca alla politica decidere se cambiarla”.

Un ecosistema fragile, lasciato senza difese da una burocrazia che distingue tra “illecito” e “inquinante”. Ed è lo stesso procuratore Vella a lanciare un appello alla politica: serve una legge che metta fine a questa zona grigia.

Perché, finché tutto resterà “lecito”, l’acqua del fiume Gela continuerà a cambiare colore — e con lei, anche la coscienza di un territorio che da troppo tempo aspetta giustizia ambientale.

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