Gela. Sul finire dello scorso anno, i giudici della Corte d’appello di Roma hanno disposto condanne per il boss sessantunenne Salvatore Rinzivillo e per i carabinieri Cristiano Petrone e Marco Lazzari. Secondo le accuse, maturate con l’inchiesta “Extra fines-Druso”, Rinzivillo (difeso dall’avvocato Roberto Afeltra) sarebbe riuscito ad ottenere dati riservati, attraverso i due militari dell’arma. Le motivazioni sono state depositate e le difese si rivolgeranno alla Cassazione. Per Rinzvillo era arrivata la conferma della decisione di primo grado, con la condanna a dieci anni di detenzione. Per i carabinieri, invece, i giudici di appello romani hanno escluso l’aggravante mafiosa, accogliendo la ricostruzione fornita dai legali. Così, le pene sono state ridotte. Sei anni e un mese di detenzione per Lazzari, difeso dall’avvocato Cesare Placanica. In primo grado, era stato condannato ad otto anni. Sei anni e undici mesi per Petrone, rappresentato dal legale Silvia De Blasis. Nei suoi confronti, in primo grado, erano stati disposti nove anni di reclusione. Per Lazzari, è arrivata l’assoluzione per uno dei capi di imputazione. Il procedimento ha riguardato anche l’avvocato Giandomenico D’Ambra (rappresentato dal legale Domenico Mariani).
Già coinvolto nell’indagine “Extra fines”, il professionista si sarebbe messo a disposizione di Rinzivillo, per investimenti nella capitale e non solo. In appello, ha scelto un concordato mentre in primo grado era stato condannato a tre anni e sei mesi di detenzione. Saranno i giudici di Cassazione a valutare i ricorsi dei difensori di Rinzivillo, Lazzari e Petrone. Gli investigatori romani, partendo sempre dai contatti di Rinzivillo, sono arrivati a contestare agli imputati, a vario titolo, non solo l’accesso illecito ai sistemi informatici delle forze dell’ordine ma anche la corruzione.