Gela. Quarantotto ore di carcere. Tanto è durata la detenzione di un esercente locale, condannato per furto di zanzariere, a nove mesi di reclusione. A sporgere denuncia furono altri due esercenti. A processo, finirono lui e la moglie. La condanna è stata però imposta solo al marito. Con il verdetto diventato definitivo, venerdì scorso è scattato l’arresto e il trasferimento in carcere. I legali che adesso lo assistono (in giudizio era stato rappresentato da un avvocato di ufficio) hanno fatto emergere diverse anomalie nella procedura eseguita. Gli avvocati Joseph Donegani ed Emanuele Maganuco hanno sollevato un’eccezione formale. L’ordine di esecuzione della misura non è mai stato notificato all’esercente, che non sapeva del fatto che la condanna fosse diventata definitiva né ha avuto modo di chiedere una misura alternativa alla detenzione. Il provvedimento era stato notificato alla moglie, ma in quel periodo i due non vivevano insieme.
La donna, a sua volta, non ha comunicato nulla al consorte, che di punto in bianco si è trovato in carcere. Una nullità che ha permesso ai legali di ottenere una scarcerazione lampo. Avranno la possibilità di chiedere per l’esercente una misura alternativa alla carcerazione.