Processo Rugolo, dai pulpiti delle chiese la condanna è solo per la stampa

 
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Piazza Armerina. Pulpiti trasformati in tribune, non più strumenti per la diffusione della Parola di Dio ma megafoni per diffondere arringhe difensive e “smontare” tesi non gradite.

Succede da qualche settimana in diverse parrocchie della Diocesi di Piazza Armerina dove, il più delle volte prima della benedizione finale, dall’altare alcuni parroci si sono lanciati in difese accorate del Vescovo Rosario Gisana ed in tentativi di delegittimazione del lavoro dei giornalisti che si stanno occupando del processo Rugolo, il sacerdote di Enna a processo per “violenza sessuale aggravata a danno di minori”.

Chi in questi mesi ha raccontato le varie fasi del processo sarebbe, secondo una parte del clero diocesano, colpevole di diffondere “notizie di seconda mano” o di “decontestualizzare” frasi o avvenimenti.

Come se bastasse un processo a porte chiuse ad impedire ai giornalisti di parlare con i soggetti coinvolti o studiare gli atti processuali per poi riportarne fedelmente il contenuto.

Il copione è più o meno lo stesso, negli ultimi mesi in alcune parrocchie della Diocesi, al termine della celebrazione il consueto “Ite, Missa Est” si trasforma in un “Memento” per la comunità. “Ricordate che il Vescovo non risulta indagato” recitano dal pulpito all’unisono i sacerdoti, e ancora: “non credete a quello che leggete sui giornali” fino al più scontato “aspettiamo la sentenza prima di giudicare”.
E non solo. Solo nel caso più recente, accaduto la scorsa settimana, in una delle parrocchie della Diocesi, nel corso di un’omelia, il parroco avrebbe fatto un iperbolico parallelo tra la vicenda dell’aggressione via web alla madre di uno dei presunti stupratori di Palermo e i giornalisti, esortando i fedeli ad avere lo stesso rigore morale contro chi scrive falsità sul vescovo Gisana.

Un’azione di propaganda, bella e buona, ma estremamente pericolosa perchè, anche se in maniera involontaria, espone chi, con professionalità si occupa della vicenda, ad una campagna denigratoria e di odio.

A fronte di questo, nessuna parola, neppure di vicinanza cristiana, è stata spesa per le vittime. Nel frattempo il luogo della Parola diventa palco per la propaganda, un pulpito da dove lanciare strali contro chi racconta verità diverse da quelle “gradite” e magari intimidirlo, reclamandone il silenzio.

Jerry Italia – Pierelisa Rizzo

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