Gela. Atteggiamenti «da siciliani» nel cuore della Padania. Un datore di lavoro, il suo collaboratore e un operaio: secondo i pm sarebbero i protagonisti, tutti gelesi, di una vicenda sfociata in caso giudiziario.
La parte offesa – secondo l’accusa – dipendente di una ditta attiva nel settore edile sarebbe stata minacciata dal titolare e da un suo collaboratore con una pistola affinché restituisse un prestito di 10 mila euro. Il processo è entrato nel vivo nelle ultime due udienze, quando vittima (G.A. 36 anni di Gela) e imputati Gianluca Costa, 39 anni e Vincenzo Valenti di 49, hanno deposto. L’azienda per la quale l’operaio gelese lavorava, era intestata alla moglie di Costa. L’operaio voleva comprarsi una Volkswagen Golf da 26 mila euro, e per questo ne avrebbe chiesti 10 mila in prestito al datore di lavoro. Tardando la restituzione, questa la ricostruzione resa dalla vittima, che si è anche costituita parte civile, con il patrocinio dell’avvocato Angelo Licata, del foro di Gela, Costa e Valenti avrebbero cominciato a fare pressioni per ottenere il saldo del debito, fino a minacciare l’operaio con un’arma da fuoco allo scopo di costringerlo a firmare il passaggio. Vendita mai avvenuta poiché l’operaio, giunto nell’ufficio per eseguire il trasferimento di proprietà, sarebbe fuggito urlando e denunciando il complotto. L’auto gli sarebbe stata comunque sottratta e il caso è finito davanti al Tribunale di Lodi. I due gelesi sono accusati di tentata estorsione e rapina. Costa, coinvolto in un’operazione contro il clan dei Casalesi (2007) vive sotto protezione in quanto collaboratore di giustizia. Ma le accuse per le quali risponde in questo procedimento nulla hanno a che fare con vicende legate alla mala del Casertano. E solo una storia – l’ennesima – di gelesi emigrati al Nord.