Gela. Si è difeso su tutta la linea l’ex sindaco di Niscemi Francesco La Rosa, che la scorsa settimana ha reso dichiarazioni spontanee davanti al collegio penale del tribunale di Gela, nel dibattimento che lo vede imputato, a seguito dell’inchiesta “Polis”. I magistrati della Dda di Caltanissetta sono convinti che dietro alla sua vittoria alle amministrative del 2012 ci fu un patto, stretto con i boss. E’ a processo insieme all’ex assessore gelese Calogero Attardi, al padre Giuseppe Attardi, a Salvatore Mangione, Giuseppe Mangione, Francesco Alesci, Francesco Spatola. “Faccio attività politica dal 1994 – ha spiegato – non sono stato un candidato uscito dal cilindro, solo nel 2012. Già quando ero in consiglio provinciale, mi venne chiesto da diversi sostenitori di candidarmi. Non avevo partiti a sostenermi e a quelle amministrative si presentarono almeno venti liste e quattrocento candidati. Schierai giovani e professionisti, ma anche commercianti e artigiani. Dall’altra parte, soprattutto al ballottaggio, avevamo contro tutto l’apparato tradizionale. Però, riuscimmo ad aggregare altre liste e alla fine a vincere”. Secondo quanto spiegato dall’ex sindaco, quella del 2012 fu una vittoria alla urne regolare. “Facevamo controlli sui soggetti che venivano inseriti nelle liste – ha proseguito – Attardi era un giovane di Gela, che conobbi in quel periodo perché spesso veniva a Niscemi. Mia figlia lo conosceva perché frequentavano l’Università di Enna. Aveva già fatto esperienza politica a Gela e lo zio fu assessore in una delle giunte dell’ex sindaco Rosario Crocetta. Spatola e Ficarra li conosco perché siamo vicini di casa, ma non ho mai parlato di politica con loro. Non ho mai avuto rapporti con soggetti che fossero portatori di interessi diversi dalla politica. Allora puntammo su tanti neofiti della politica e riuscimmo a vincere. Eravamo indietro di 1.500 voti prima del ballottaggio. Abbiamo vinto alla luce del sole. Se c’è stato qualcosa, è accaduto sempre a mia insaputa”.
Nel dibattimento, il Comune di Niscemi è parte civile, con l’avvocato Massimo Caristia. La Rosa ha parlato davanti al collegio penale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore. Altri imputati potrebbero scegliere di rilasciare dichiarazioni spontanee o di sottoporsi ad interrogatorio. Le richieste della Dda dovrebbero arrivare alla prossima udienza, fissata per febbraio. Sul finire dello scorso anno, i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno confermato la condanna ad un anno e undici mesi di reclusione per il boss Giancarlo Giugno, a processo sempre per gli stessi fatti.