Gela. Ricorsi difensivi non accolti e condanne confermate per gli operatori dell’impianto di imbottigliamento del sito locale di Eni. I giudici della Corte di Cassazione non hanno dato seguito all’iniziativa dei difensori. Gli imputati erano chiamati a rispondere delle conseguenze riportate da un loro collega, che rimase vittima di un grave incidente, proprio nella linea dell’imbottigliamento. Subì la lacerazione del retto femorale di una coscia, con una prognosi non inferiore a 270 giorni. Patì conseguenze successive, nel periodo di ripresa dell’attività. I fatti vennero ricostruiti. Gli operatori erano stati condannati in primo e in secondo grado. Multa da 1.200 euro ciascuno per Giuseppe Scifo, Nicola La Cognata, Rocco Mendola e Antonio Damaggio.
La multa da 500 euro, solo per un capo di imputazione, era stata decisa per il medico Maria Rosa Martire. In base alle contestazioni, omise di dare celere comunicazione dell’infortunio. Era collocata nella struttura interna dello stabilimento di contrada Piana del Signore. Difesa dall’avvocato Nicoletta Cauchi, era stata assolta “per non aver commesso il fatto” dall’altra imputazione che le veniva mossa, legata a presunte lesioni per le conseguenze poi riportate dal lavoratore. La procura generale e la parte civile (sostenuta dal legale Rocco Guarnaccia) hanno insistito per la conferma della decisione di appello. Il legale del dipendente ferito ha rimarcato gli effetti generati dall’incidente. L’operatore ferito venne trasferito in una clinica privata per condurre ulteriori accertamenti. Secondo il legale di parte civile, il quadro clinico rischiava di aggravarsi ancora di più. Venne sollevato il sospetto che si volesse minimizzare l’infortunio. I legali degli operatori dell’impianto, tutti dipendenti Eni, nei precedenti gradi di giudizio avevano insistito sul fatto che il ferito avesse agito senza osservare le prescrizioni dettate per muoversi nell’impianto e intervenire sul macchinario. Gli imputati negarono di aver avuto mansioni di controllo e di supervisione. Una ricostruzione non accolta dai giudici. I magistrati romani di Cassazione hanno confermato le decisioni. Tra i difensori, i legali Gualtiero Cataldo e Carlo Autru Ryolo. Al lavoratore ferito venne riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni e una provvisionale. Raffineria era responsabile civile nel giudizio.