Omicidio Peritore, in aula medico legale: per difesa Cinardi valutare capacità di intendere

 
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Maurizio Peritore è stato ucciso in via Attica

Gela. I giudici della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta risentiranno il perito che si occupò di effettuare gli accertamenti sul corpo del trentatreenne Maurizio Peritore. Venne ucciso tre anni fa, tra i viali delle palazzine popolari di via Attica. La richiesta di riaprire l’istruttoria l’aveva già formulata il legale di Giuseppe Cinardi, condannato in primo grado a quattordici anni e quattro mesi di reclusione per l’omicidio del cognato. Il cinquantaduenne gli avrebbe sferrato alcuni fendenti durante una colluttazione. L’ultima coltellata sarebbe stata fatale. Gli organi interni di Peritore subirono lesioni talmente gravi da causarne la morte. I carabinieri intervenuti lo trovarono ormai privo di vita. Per la difesa dell’imputato, sostenuta dall’avvocato Salvo Macrì, l’intera dinamica è da rivedere. Il legale non ha mai escluso che l’ultima coltellata sarebbe stata così profonda, forse per un movimento di Peritore. In primo grado, è stata esclusa la premeditazione e l’entità della pena è stata notevolmente ridotta. Nel lungo ricorso d’appello, si sostiene che Cinardi non avrebbe avuto intenzione di uccidere. Si sarebbe difeso perché colpito da Peritore, a sua volta armato di coltello. Una ricostruzione che il pm Luigi Lo Valvo, anche in appello a sostegno dell’accusa, ha sempre escluso. Per il magistrato, l’intenzione di Cinardi era quella di uccidere, al culmine di una tensione sempre maggiore tra i due. L’ennesima lite sarebbe maturata dopo che Peritore trovò i pneumatici della propria auto tranciati di netto. Accusò il cognato e la lite divenne sempre più violenta. Negli scorsi giorni, la difesa ha depositato documentazione e sentenze. Un possibile finale a sorpresa potrebbe maturare, dato che dai banchi dell’imputato si punta a valutare la capacità di intendere e di volere al momento dei fatti. Cinardi, come dimostrato dall’unico precedente penale del suo passato, sarebbe un alcolista abituale. Lo spiegò durante una testimonianza resa nel processo per la strage alla sala barba di San Giacomo. Quando i killer entrarono in azione, lui stesso si trovava in un bar della zona e venne chiamato a testimoniare.

Nel corso delle indagini sull’omicidio del cognato, inoltre, ha ammesso che anche quella sera aveva bevuto. Aspetti che per la difesa vanno verificati. Di certo, tra i due ormai da tempo i rapporti erano compromessi. Gli investigatori hanno battuto, tra le altre, la pista dei contrasti per lo spaccio di droga. Nel corso della prossima udienza, toccherà al perito e i giudici probabilmente si pronunceranno anche sulla possibile valutazione della capacità di intendere e di volere. Sia il pm che i legali di parte civile (gli avvocati Giacomo Ventura e Maria Elena Ventura), che assistono i familiari, si sono opposti ad accertamenti di questo tipo, escludendo che Cinardi non fosse lucido. In primo grado, le parti civili hanno ottenuto il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni.

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