Gela. Ha confermato che l’omicidio di trentatré anni fa, in pieno centro storico, che vide cadere Giuseppe Failla, titolare di un bar, fu organizzato per colpire la fazione rivale. Il collaboratore di giustizia Leonardo Messina, ex capo storico di Cosa nostra nissena, ha risposto alle domande dei difensori degli imputati che sono accusati proprio dell’omicidio Failla. L’esercente pare fosse ritenuto in rapporti di amicizia con i Cerruto di San Cataldo e sarebbe stato Cataldo Terminio a chiedere l’autorizzazione per ucciderlo, così da vendicare l’omicidio del padre, ordinato dai Cerruto. Messina ha spiegato che in quel periodo, Cosa nostra, sul territorio, stava monitorando l’evolversi del gruppo degli stiddari, ritenuti rivali da bloccare. Messina, però, non ha saputo riferire nulla rispetto a potenziali coinvolgimenti criminali di Failla. Il legale della famiglia della vittima, l’avvocato Giovanni Bruscia (parte civile nel procedimento), ha insistito su questo punto e il collaboratore ha confermato di non aver mai avuto informazioni su un possibile coinvolgimento di Failla. Sono state soprattutto le difese di Cataldo Terminio, Giuseppe Madonia, Angelo Bruno Greco e Angelo Palermo, tutti a processo per l’omicidio, a porre domande su quel periodo. Secondo i pm della Dda di Caltanissetta e i carabinieri che condussero le indagini, ad organizzare ed eseguire l’azione di morte sarebbero stati Terminio, Greco e Palermo. Madonia avrebbe assicurato l’assenso della cupola.
A settembre, in aula verrà sentito il niscemese Giancarlo Giugno, considerato esponente importante di Cosa nostra locale. Probabilmente, le parti processuali chiederanno di avere ulteriori particolari sulle vicende che portarono all’omicidio. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Sergio Iacona, Cristina Alfieri, Michele Micalizzi ed Eliana Zecca.