Gela. Doveva essere rumore, e rumore è stato. Non solo quello dei fischietti e degli slogan urlati al megafono, ma quello devastante dei nomi delle 107 vittime di femminicidio nel 2023, scanditi uno per uno.
La manifestazione portata in città dal nodo gelese di Non Una di Meno ha radunato un centinaio di persone in un freddo pomeriggio domenicale al Lungomare, per liberare una sana rabbia che inevitabilmente sta iniziando a smuovere le coscienze.
La manifestazione di stasera è l’onda di risacca dell’enorme marea fucsia che, in questi giorni ha scosso l’Italia, da Milano a Messina, liberando la massa critica che oggi arriva in una Gela troppo spesso intorpidita di fronte ai grandi temi.
Con alle spalle un tramonto che riprende le tonalità del fucsia degli striscioni, la rapper gelese Apnea ha aperto la manifestazione con “Non Una DI Meno”, la canzone che ha scritto in occasione della nascita del movimento gelese.
Intorno a lei le ragazze del Cirs di Gela, con sul volto un make-up che richiama lividi e ferite, mentre dal fondo tutte le attiviste hanno invaso lo spiazzale del Lungomare Federico II con in mano una riproduzione de “Lo Stupro” di Renèe Magritte, un volto di donna trasformato in corpo “oggetto del Desiderio”.
Intorno tante donne, ma anche diversi uomini, giovani e giovanissimi, segno che il messaggio del movimento inizia ad essere condiviso in maniera transgenerazionale.
Niente simboli di partito o inutili intrusioni politiche, solo gente incuriosita e partecipe. Gli obiettivi della lotta sono chiari, la destrutturazione della cultura patriarcale e la lotta alla violenza di genere.
Si inizia proprio dalla lettura dei nomi delle 107 vittime del 2023, scanditi ad uno ad uno con un megafono, Da Giulia a Giulia. Da Giulia Donato, la prima vittima di quest’anno, uccisa il 3 gennaio dal fidanzato, a Giulia Cecchettin, l’ultima vittima, uccisa meno di una settimana fa,
Una coincidenza che sa tanto di loop, un nastro che si riavvolge all’infinito e che va assolutamente interrotto come urla Martina nel suo megafono: “Quello di oggi è un primo segnale – dice– un primo passo per cercare di invertire una tendenza culturale che va cambiata”
“La cultura patriarcale pervade ogni anfratto del nostro modo di vivere nella società – aggiunge Giorgia – ed è esattamente questo quello che vogliamo scardinare”.
“Siamo felici che tanta gente abbia risposto al nostro appello – dice Sara – non vogliamo fermarci qui ma portare il nostro messaggio nelle scuole e nelle piazze. Il percorso è appena all’inizio”
Prima di concludere la manifestazione, proprio Sara legge la testimonianza di una ragazza gelese vittima di un abuso prolungato e vergognoso, per mano del suo compagno. Il 2023 per Gela è stato un anno nero, con 73 casi denunciati di maltrattamento domestico, 57 casi di persecuzione e ben 5 casi di stupro. Numeri che fanno pensare che nell’ombra ci sia un sommerso di casi non denunciati ben più numeroso.
“Adesso bisogna dire basta – dice Denise – non bisogna più avere paura di denunciare, di camminare per strada da sole, o di finire vittima della rabbia di qualcuno. Certi uomini vanno rieducati alla debolezza, alla vulnerabilità e alla fragilità, affinchè da vittime del patriarcato non si trasformino in carnefici”.
La piazza si scioglie quando è già buio, rumorosa, colorata ma non allegra. La scossa di energia e partecipazione è arrivata, ma adesso deve diventare messaggio per chi, tra le Istituzioni, finora ha sempre guardato dall’altra parte.