“Non era un’estorsione volevano le slot machine”: due imputati contro le accuse

 
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Gela. “Erano interessati solo all’acquisto di slot machine, non ci fu alcun tentativo d’estorsione”. In questo modo, l’avvocato Angelo Licata è intervenuto a difesa di due suoi assistiti, il trentasettenne Sandro Emmanuello e il quarantottenne Gioacchino La Cognata.

Sono entrambi finti, nel maggio di tre anni fa, nella maxi inchiesta antimafia “Tetragona”. Adesso, anche per loro si sta celebrando il processo di secondo grado davanti ai giudici della corte d’assise d’appello di Caltanissetta.
“I fratelli Brigadeci, imprenditori del settore – ha spiegato in aula l’avvocato – vennero contattati proprio nel tentativo di ottenere slot da collocare in città. I miei assistiti volevano lavorare in questo settore”.
Sia Emmanuello che La Cognata, stando alle accuse formulate dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, avrebbero fatto pressioni sul gruppo imprenditoriale per ottenere la messa a posto. Una tesi, comunque, nettamente contestata dalla difesa.
L’avvocato Carmelo Tuccio, invece, ha depositato una memoria scritta da un altro degli imputati, il dipendente comunale Angelo Camiolo che, fin dal primo momento, ha respinto le accuse mossegli dagli inquirenti. Non avrebbe avuto alcun ruolo, infatti, all’interno del gruppo locale di cosa nostra. Nel corso delle prossime udienze, già fissate per il 3 ed il 10 luglio, saranno altri avvocati difensori a concludere nell’interesse dei rispettivi assistiti. 

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